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Burioni: “Non preoccupatevi di avere i voti migliori. I genitori mettono pressione perché non hanno ciò che desideravano”

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Il virologo e divulgatore Roberto Burioni ha scritto un lungo post sulla sua pagina Facebook in cui ha discusso in merito alla scuola, al merito e alle ansie dei genitori che vogliono figli performanti negli studi e con risultati brillanti attingendo alla sua esperienza personale.

Ecco il contenuto del post: “Carlo – un mio amico – era un ragazzo brillantissimo: simpatico, elegante, colto ed intelligentissimo. Ovviamente aveva superato il liceo con facilità riportando ottimi voti. Si iscrisse a ingegneria, e lì per qualche motivo – che non ho mai saputo – accadde una cosa molto strana. Cominciò a non dare esami e a scriversi i voti sul libretto da solo. Non ho mai capito perché cominciò a farlo (non avrebbe avuto alcuna difficoltà a studiare e a superarli), ma così fu. Non aveva problemi evidenti, una famiglia serena che gli voleva bene, la fidanzata, gli amici. Però questo accadde. Io – e gli amici più vicini – capimmo presto cosa stava accadendo, e gli chiedemmo se aveva bisogno di una mano. Ci disse sempre che lui li esami li dava e che tutto era a posto. A un certo punto – siamo al quarto anno di università – la madre di Carlo mi telefonò, preoccupata perché il figlio non si trovava più. E io, per motivi che potete facilmente immaginare, mi spaventai moltissimo. Per fortuna lo ritrovarono un paio di giorni dopo. Era a Cuneo, dove stava facendo il militare che a quei tempi era obbligatorio. Il ministero della difesa si era accorto che non dava esami e l’aveva chiamato a fare il servizio di leva. Come finisce questa storia? Finisce bene, molto bene. Carlo, finito il militare, si mette a studiare giurisprudenza, si laurea a tempo record, diventa avvocato e oggi è uno dei più bravi avvocati della sua città, con una famiglia felice, perfettamente realizzato nel suo notevole successo professionale”, questo l’aneddoto con cui ha esordito.

“Non siete in una gara”

“Perché vi ho raccontato questa storia? Per dire a chi studia (e soprattutto ai loro genitori) che non bisogna preoccuparsi troppo di finire gli studi a tempo di record, di prendere i migliori voti, di essere i più bravi. Non siete in una gara nella quale vince solo chi arriva primo. Anzi, non siete proprio in una gara: state vivendo la vostra vita e gli errori, le debolezze, le incertezze, i momenti difficili ne sono parte integrante e fondamentale. L’importante è trovare la propria strada, e se ci vuole un poco di tempo non è tempo sprecato o perso, ma utilizzato nel modo più proficuo. Vincono tutti quelli che arrivano dove vogliono arrivare”, ha aggiunto.

“Come ho detto più volte, dopo la laurea mi sono iscritto a una specializzazione, mi sono accorto che non mi piaceva, l’ho lasciata e ho fatto un dottorato di ricerca. Ho perso un anno? No: l’ho utilizzato per capire cosa mi piaceva fare, ed è stato l’anno meglio impiegato della mia carriera scolastica. Spesso i ragazzi di oggi si sentono sotto pressione. Certamente ognuno di noi deve avere il desiderio di fare bene il proprio lavoro (lo studente quello di dare gli esami), ma come in tutte le cose ci vuole misura. La mia impressione – empirica, ma derivante da decenni di insegnamento – è che spesso questa pressione venga dai genitori, che non hanno avuto dalla vita lavorativa quello che desideravano e che come rivincita vogliono che gli obiettivi da loro mancati vengano colti dai figli. Di queste situazioni ne ho viste molte, e sono estremamente negative per i ragazzi. Certo, bisogna impegnarsi nello studio perché senza studio e senza impegno (e senza educazione, aggiungerei) non si arriva da nessuna parte neanche se si ha avuto in dono un grande talento. Però, come in tutte le cose, non bisogna esagerare. Ognuno ha i suoi tempi (come può scrivervi a buon diritto chi ha avuto una figlia a 49 anni), bisogna accettare questo fatto e viverlo con serenità”, questo il suo insegnamento.

“La scuola non è competizione”

La Scuola deve essere comunità di apprendimento e non arena di competizione: potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il tema di un convegno a Piacenza dello scorso 20 aprile. Ne abbiamo parlato con il pedagogista Daniele Novara, presidente del Centro Psicopedagogico che ha organizzato l’iniziativa.

Il punto di partenza è l’attuale sistema di valutazione attuale, basato spesso su prove standardizzate, che favorisce un approccio sbagliato al processo di apprendimento: invece di concentrarsi sui progressi degli studenti, si tende infatti a cercare gli errori, alimentando un clima di competizione e stress.

Al contrario la scuola deve essere intesa come una comunità di apprendimento, in cui ogni studente ha il proprio spazio per costruire il proprio futuro. Questo richiede un ambiente accogliente e stimolante, che favorisca il desiderio di apprendere.