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Dillo al Ministro: molti docenti chiedono programmi diversi, a partire dalla storia. Il prof. Antonio Brusa: “Ci vogliono più ore, nei professionali la storia sta sparendo”

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La nostra iniziativa Dillo al Ministro ha riscosso un notevole interesse fra i docenti che hanno evidenziato temi e problemi di vario genere.
E sbaglia chi pensa che per gli insegnanti l’unico problema sia quello delle retribuzioni insufficienti o comunque non allineate con gli standard europei.
Molti docenti sottolineano anche l’inadeguatezza dei programmi di studio e formulano proposte che dovrebbero essere prese in seria considerazione da parte di chi governa il sistema scolastico.

Un docente, per esempio, segnala che spesso il programma di italiano e storia nell’ultimo anno della secondaria di secondo grado si ferma al 1945.
“In tal modo – scrive un lettore – si elude la parte corposa affascinante ed ancora attuale del secondo dopoguerra. Forse meno ‘Ossi di seppia’ e più neo-realismo e guerra fredda sarebbero auspicabili”.
C’è chi propone, per l’insegnamento della storia, una progressione diversa da quella attuale, senza ripetizioni considerate inutili: nella primaria studiare fino alla Roma imperiale; alle “medie” dalla crisi dell’impero romano alla scoperta dell’America e alle “superiori” dal 1500 ad oggi.
“In questo modo – aggiunge un altro lettore – si potrebbero trattare problematiche del secondo 900 a livello nazionale, europeo e mondiale, in modo da rendere attuale il percorso storico ed accrescere le competenze culturali e civiche degli studenti”.

Proprio su questo abbiamo raccolto il punto di vista di Antonio Brusa, già docente dell’Università di Bari e presidente della Società italiana di didattica della storia.

“Una quindicina di anni fa – afferma Brusa – si pensò che, togliendo un po’ di ore alla storia, si potessero ottenere i risparmi necessari per rimettere in sesto l’economia italiana. Gli effetti su scala nazionale di quei sacrifici sono alquanto dubbi. Certi sono i disastri che quella decurtazione oraria ha prodotto nelle scuole”.
“Nei professionali – denuncia Brusa – la situazione è drammatica perché la storia rischia di scomparire per un quarto dei nostri giovani. E negli altri ordini, l’introduzione di geostoria ha causato la perdita di un quarto dell’orario. A questa decurtazione va aggiunto l’impatto delle 33 ore di educazione civica, delle altrettante di orientamento e del peso dell’Alternanza: alle superiori succede spesso che un professore saluta i ragazzi a febbraio e li rivede a maggio”.
E su come fare per arrivare allo studio della storia contemporanea Antonio Brusa non ha dubbi: “Non ci sono innovazioni didattiche che tengano: se dobbiamo arrivare a parlare della storia molto contemporanea, delle guerre e delle epidemie e dei mutamenti climatici, occorre aumentare il monte ore“.
“Se posso permettermi anche io di dire qualcosa al Ministro – afferma ancora Brusa – aggiungerei questo appello: Ministro, ti preghiamo di non cambiare i programmi senza questo accorgimento, altrimenti ci obbligherai a tagli sanguinosi di storia antica e medievale, che la scuola e l’opinione pubblica non potranno accettare”.

Ma il vero nodo, secondo Brusa sta nella formazione dei docenti: “Il piano per la formazione professionale degli insegnanti è stato varato, ma si tratta di governarlo in modo che funzioni al meglio. E per fare ciò, il Ministro deve fare attenzione a quello che sta succedendo nelle università, dove le diverse discipline si stanno armando l’un contro l’altra per una battaglia di crediti che non ha nulla a che vedere con le esigenze della scuola”.
“Abbiamo bisogno di didattica storica – conclude il presidente della Società – Il Ministro (anche di concerto con la sua collega dell’Università) può esercitare una moral suasion sulle Università perché si attrezzino in questa direzione?”