Home Politica scolastica Esami di stato e certificazioni delle competenze: chiuso il dibattito?

Esami di stato e certificazioni delle competenze: chiuso il dibattito?

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Con ciclica ricorrenza, all’inizio o a conclusione degli esami di stato, si discute sulla loro validità, se sia il caso di mantenerli, lasciando il giudizio ai soli scrutini finali, o di riconsegnare le operazioni di esami alla commissione interna, quella cioè formata dai soli docenti curriculari.

In ogni caso, sono tanti a sostenere  per lo più  che il giudizio finale non rispecchierebbe spesso la preparazione effettiva del candidato nonostante il voto di ammissione e i crediti e nonostante le prove scritte e orali, per colpa evidente dei professori troppo o poco rigorosi.  

Ma oltre a queste ormai storicizzate ingiustizie si sono pure notate differenze di valutazione fra una commissione e l’altra e fra una scuola e l’altra, dimostrando con ciò che non solo non esistono standard uniformi di giudizio all’interno di una stessa commissione ma neanche fra commissioni diverse a livello nazionale, mentre taluni docenti permissivi coi propri alunni quando sono chiamati a giudicare quelli dei colleghi diventano pignoli e attaccabrighe, cosicché capita volentieri che ragazzi con un buon curriculum scolastico crollino e certi asinacci volino oltre l’insperato.

Da qui le ricette prima descritte per evitare tante sperequazioni, comprese quelle che vogliono i ragazzi del sud, più scadenti nelle prove Invalsi, ottenere risultati ottimi agli esami finali di diploma. 

Dunque una serie di presunte ingiustizie che darebbero l’idea di una scuola che non riesce a riconoscere e valutare il “merito” che è poi la colonna portante della sua funzione. 

Ora per molti, se si vuole uscire da questa sorta di impasse e affrontare il vero nodo del problema, si tratterrebbe di ridiscutere seriamente l’implementazione della  certificazione delle competenze. 

Fino a quando infatti si tratterà di giudicare un alunno con un voto unico e onnicomprensivo dell’intero percorso scolastico non ci sarà mai equità di giudizio qualunque strategia venga posta in essere. 

Per raggiungere invece una il più possibile equa scala di valutazione occorrerebbe invece che il Ministero fissasse per ogni materia livelli di competenza per tutti uniformi, così come avviene con le lingue straniere i cui parametri valutativi sono stati elaborati dal Quadro comune europeo di riferimento, messo a punto dal Consiglio europeo per fornire un metodo per verificare e trasmettere la conoscenza delle lingue e riconosciuto a livello internazionale per valutare le abilità linguistiche: si chiama  “Modern languages learning teaching assessment. A Common European Framework of reference” (Strasburgo 1996) e ribaditi dalle linee guida per l’insegnamento delle lingue straniere in Europa, che ha fissato tre macro livelli di competenze: A,B,C, suddivisi a loro volta in altrettanti sotto livelli: A1-A2; B1-B2; C1-C2 con ancora altrettanti sub-livelli. 

In ciascuno di essi è descritto nel dettaglio, non solo cosa deve essere in grado di sapere (conoscere) l’alunno ma anche le metodologie di insegnamento e le modalità di verifica. 

Tutte le scuole di lingua straniera in tutta Europa adottano questi parametri, questi livelli e una similare certificazione cosicché ogni azienda europea sa con precisione il livello di preparazione del giovane sulla specifica lingua straniera, proprio perché essa è chiaramente indicata, per lo più effettivamente oggettiva e soprattutto valida dovunque. 

Non è certamente semplice descrivere e definire per ciascuna altra disciplina questi standard, ma se per le lingue si è fatto altrettanto può avvenire per altre materie e corsdi di studio. 

La chiarezza degli obiettivi e delle competenze darebbe garanzie e certezza non solo al lavoro dei docenti e allo studio dei ragazzi, ma anche alle aziende, alle università e darebbe pure più credito a coloro che decidessero di lavorare all’estero. 

Certificare ciascuna competenza toglierebbe pure l’incubo della bocciatura ma senza togliere l’opportunità di ripetere il quinto anno per avere migliori risultati, oltre a consentire ai commissari prove oggettive di valutazione e in modo particolare sulle materie di indirizzo: quello che conta sono i reali saperi che lo studente ha acquisito e le modalità con cui le utilizza: ecco l’impegno e il colpo d’ala che si attenderebbe.