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Gaza, nascono scuole digitali per limitare la dispersione scolastica dei giovani palestinesi: ecco come funzionano

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La DAD, lo sappiamo, ha rivoluzionato da vicino il modo di fare didattica. Diapositive, classi virtuali e documenti in cloud condivisi hanno alienato la percezione di una didattica frontale caratterizzata dall’utilizzo massivo di gessetto e lavagna. In alcune occasioni, le critiche rivolte alla DAD sono risultate valide e comprensibili: l’alienazione di un contatto frontale per via dell’utilizzo massivo delle piattaforme ha compromesso da vicino le capacità di apprendimento e delineato una percezione della scuola come un ambiente educativo sempre più astratto ed immateriale.

D’altra parte occorre ricordare che, nei casi di emergenza sanitaria con cui la popolazione globale si è interfacciata, la DAD è risultata strumento vitale per una continuità didattica nel suo complesso, seppur con qualche carenza. Inoltre, molti studi testimoniano che, con un saggio ed appropriato utilizzo delle piattaforme di e-learning, l’attenzione degli studenti relativamente alle discipline di base – associate ad un utilizzo caricaturale del gessetto – risulta aumentata sensibilmente. Restano però validi gli allarmi dell’OMS relativi all’insorgere di patologie ansiose e depressive associate alla popolazione giovanile: l’isolamento provocato dalla DAD non è stato d’aiuto. Abbiamo inoltre avuto modo di notare, anche nel conflitto ancora in corso in Ucraina e Medio Oriente, che i rispettivi Ministeri hanno garantito il prosieguo della didattica via etere. Ma alla popolazione palestinese, nonostante gli elevatissimi livelli di dispersione, non sono stati dedicati portali e piattaforme per garantire continuità didattica: ci hanno però pensato sviluppatori indipendenti.

I crimini commessi contro l’educazione

Mentre i palestinesi stavano commemorando il 76° anniversario della loro continua espropriazione forzata ed espulsione dalle loro terre natali, conosciuta in arabo come Nakba, le forze israeliane hanno bombardato sei scuole dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa) a Jabalia, nel nord di Gaza, bruciata una nel campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza, e ha distrutto tre scuole e ne ha bruciata un’altra nel quartiere Zaytoun di Gaza City.

Secondo l’ONU, l’80% delle scuole sono state distrutte o danneggiate a Gaza dal 7 ottobre 2023. Ciò equivale a scolasticidio, con la distruzione sistematica dell’istruzione palestinese in corso dalla Nakba. Nell’ultima guerra, definita dalla Corte internazionale di giustizia (ICJ) come plausibilmente genocida, lo scolasticidio si è spostato dalla distruzione sistematica all’annientamento totale dell’istruzione. Nei primi 100 giorni di questa guerra, tutte le 12 università di Gaza furono bombardate e distrutte totalmente o parzialmente. Accanto a questa distruzione numerose biblioteche, archivi, case editrici, centri culturali, sale di attività, musei, librerie, cimiteri, monumenti e materiali d’archivio furono ridotti in macerie, rovine e polvere.

Assalto alla memoria culturale: una risposta identitaria “itinerante e digitale”

L’attacco ai sistemi educativi e di conoscenza palestinesi e la distruzione e il saccheggio di manufatti rari, libri, manoscritti e materiali culturali e d’archivio non sono una novità: sono stati documentati sin dalla Nakba del 1948. Recentemente, i soldati israeliani hanno dato fuoco alle restanti parti della biblioteca dell’Università al-Aqsa a Gaza City e si sono fotografati seduti davanti ai libri in fiamme.

Allo stesso modo, un soldato israeliano si è recentemente filmato mentre camminava tra le rovine dell’Università di al-Azhar, deridendo lo scolasticidio e rallegrandosi per la distruzione dell’università da parte dell’occupazione. “Stiamo iniziando un nuovo semestre”, ha detto, aggiungendo: “Non inizierà mai”.

Ad aprile 2024, secondo gli esperti delle Nazioni Unite e il Ministero Palestinese dell’Istruzione e dell’Istruzione Superiore, le operazioni militari israeliane hanno ucciso almeno 5.479 studenti, 261 insegnanti e 95 professori universitari a Gaza, insieme ad archivisti e bibliotecari. L’emergenza ha visto molto supporto anche dall’estero: un’avvocatessa ha provveduto a creare una “scuola mobile e digitale” valida come esperimento educativo itinerante. I docenti, infatti, a proprio rischio, si spostano tra le zone della striscia accogliendo con loro gruppi di giovani e giovanissimi studenti, alcuni rimasti orfani. L’iniziativa ha visto l’approvazione ed il riconoscimento da parte delle Organizzazioni umanitarie internazionali, tra cui UNICEF ed ONU.