Le 11 priorità del consueto Atto d’indirizzo del Ministro dell’istruzione in carica, più una liturgia consolidata che un effettivo piano programmatico come si evince leggendo a ritroso quanto effettivamente realizzato delle indicazioni prioritarie enunciate in passato, confermano il carattere di genericità e di prassi formale dell’azione politica.
Formalità che sembra consolidarsi quest’anno più di quanto sia stato fatto l’anno scorso dal ministro Profumo, che pure si era “spinto in avanti” con l’istituzione dei Prestiti d’onore, relativi alla promozione del diritto allo studio universitario che adeguerebbero il nostro Paese a quelle virtuose strategie che molti altri paesi della UE e anche gli USA, hanno da tempo messo in campo.
Parliamo della promozione di quella Fondazione per il merito, istituita dal ministro Gelmini nel 2010, in cui sarebbero dovute confluire sia risorse pubbliche che private, con il compito di elargire i prestiti d’onore, per sostenere gli studi universitari degli studenti meritevoli e capaci. La fine anticipata della Legislatura ha ovviamente lasciato questo intento al suo successore che tuttavia non ha ritenuto di doverlo recepire.
È di questi giorni, infatti, la notizia che la Corte dei Conti ha espresso un duro giudizio nei confronti del MIur, su come sia stata fatta fallire la Fondazione per il merito: i magistrati contabili denunciano che i 20 milioni stanziati per gli studenti, non sono mai stati spesi evidenziando poca chiarezza per il futuro, un groviglio di norme contraddittorie e mancanza di progettualità.
Come pure tra le priorità di Profumo c’era la questione della riduzione di un anno degli studi, in cui il Ministro si era concretamente impegnato istituendo una commissione tecnica che ha proposto e studiato soluzioni concrete. Argomento, anche questo, che evidentemente il ministro Carrozza ha preferito lasciare cadere.
Nell’atto d’indirizzo per il 2014, da segnalare una generica quanto scarna indicazione all’introduzione di un sistema di valutazione esterno, che sia di supporto alla gestione delle istituzioni scolastiche, finalizzato ad agevolare un processo di auto-miglioramento della qualità di apprendimento e della didattica e che dovrà verificare i risultati raggiunti e gli obiettivi.
Francamente la valenza dell’argomento avrebbe meritato ulteriori e concreti dettagli. Temiamo che la prudenza politica abbia prevalso sulla responsabilità dovuta di realizzare finalmente un sistema nazionale di Valutazione che, com’è noto, non piace ai sindacati e ad una parte dell’area politica, cui appartiene il ministro Carrozza.
Fa sorridere, infine, gli addetti ai lavori l’ultima priorità riguardante la Scuola, che auspica il generico rafforzamento dell’Autonomia delle Scuole, per due ordini di motivi, il primo: è sotto gli occhi di tutti che quei successi che il documento cita sono solo potenzialità minimamente realizzate nelle Scuole dove l’Autonomia didattica e finanziaria è ormai da anni un convitato di pietra. Secondo: un Atto d’indirizzo dovrebbe appunto dare l’indirizzo per realizzarla, quel “come” che si traduce in strumenti concreti, operativi che oggi mancano ai Dirigenti delle scuole e agli insegnanti. Scrivere semplicemente che una cosa si deve realizzare per il solo fatto di averlo scritto, è la solita affermazione gentiliana che non porta da nessuna parte.
Nel documento è poi assente tutta quella parte “incompiuta” che riguarda gli insegnanti: la formazione, l’attuazione del Regolamento per il reclutamento, la necessità di nuovi profili, che pure il ministro ha evocato quando ha parlato in questi giorni di annullamento degli scatti di anzianità in funzione di una progressione di carriera. La questione “professionale” dovrebbe essere una priorità per un Ministro dell’istruzione, eppure la Carrozza è il primo Ministro che non ha ancora voluto sentire, a distanza di quasi un anno dal suo insediamento, il mondo delle associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti.
Paola Tonna presidente Apef