Per questo ci sono 1,5 miliardi (1,1 miliardi di fondi europei e il resto di cofinanziamento nazionale) per il biennio 2014 e 2015, ma il nastro della partenza ancora non è stato tagliato. E ora, con il cambio di governo, i tempi rischiano di allungarsi e la Garanzia Giovani, secondo diversi esperti, “rischia di rimanere un castello di carta”.
La piattaforma informatica, centrata sul sito ministeriale cliclavoro che dovrebbe aggregare le varie banche dati regionali e dove i giovani dovrebbero concretamente registrarsi al programma, doveva essere operativa entro marzo ma ancora non è a regime. Né c’è traccia del sito creato ad hoc (www.garanziagiovani.it). E persino i fondi, che sono già stati suddivisi per Regione e per capitolo di spesa (sulla base delle indicazioni europee), di fatto ancora non sono stati stanziati. Ma il vero nodo critico, al centro anche dei rilievi europei, sono i Centri per l’impiego (cpi). Dai risultati del primo monitoraggio effettuato dall’ex ministro Giovannini, sono 556 nel territorio nazionale, occupano 8700 dipendenti, ma intermediano appena il 3% della forza lavoro secondo l’Isfol, l’1,4% secondo i dati della Commissione Lavoro della Camera.
Di tutt’altro tiro è invece il piano adottato dalla Francia, dove la disoccupazione giovanile è al 25% e la Youth Guarantee è partita (a ottobre scorso) attraverso un sistema sperimentale, che ha coinvolto finora dieci “missioni locali”, ovvero centri per l’impiego decentrati, e 10mila ragazzi.
Lo schema pilota prevede rimborsi alle strutture di 1.600 euro per ogni persona presa in carico, mentre ciascun disoccupato percepisce 430 euro mensili durante tutta la fase di ricerca dell’impiego. Il costo per lo stato è di soli 30 milioni, a cui vanno aggiunti i circa 290 milioni di provenienza dai fondi europei.
Anche la Svezia è in prima linea, addirittura dagli anni Ottanta, per l’attuazione della Youth Guarantee. Il funzionamento è simile: dopo l’iscrizione al centro per l’impiego, entro tre mesi lo stesso è obbligato a fornire un percorso pensato sui bisogni del singolo. I partecipanti sono arrivati a 53mila nel 2010, e la spesa per ognuno di loro è secondo alcune stime di circa 6mila euro. Forse è anche grazie a queste politiche se il tasso di Neet è rimasto contenuto nei due paesi, mai sopra il 9%.
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