Il 1° maggio in quasi tutte le nazioni del mondo si festeggia il lavoro, in ricordo della rivolta di Haymarket, avvenuta a Chicago nel 1886, quando i manifestanti, che chiedevano 8 ore nelle fabbriche, furono attaccati dalla polizia per sola brutalità.
Ma nella giornata del 1° maggio, in Italia, il ricordo corre pure alla strage di Portella della Ginestra, nella Piana degli Abanesi, del 1947 ad opera della banda di Salvatore Giuliano che, per intimorire i contadini che chiedevano pane e lavoro, pace e libertà, sotto le bandiere rosse del sindacato, mitragliò a morte, coi suoi uomini, undici persone, fra cui due bambini, e ferendone più di sessanta.
Il diritto al lavoro tuttavia ancora si deve conquista coi denti, nonostante le conquiste sindacali raggiunte come la riduzione dell’orario di lavoro, il numero dei giorni lavoratori, il diritto allo sciopero, alla salute ecc., e molto spesso sembra a tutt’oggi un favore che si riceve, una grazia per sopravvivere dignitosamente, come lo chiedevano quei contadini a Portella e prima ancora in tutti i luoghi dove più che un rapporto di reciproca ricchezza, salario in cambio di produzione di beni, aveva l’imprimatur del semplice sfruttamento.
Tuttavia a distanza di quasi un secolo e mezzo da quel 1886, poco è cambiato, tranne forse l’intervento della polizia durante gli scioperi di protesta, mentre la pandemia che ci sta colpendo sta facendo capire quando sia determinante il lavoro e il suo rispetto, l’operosità e il suo intimo significato di creatività e realizzazione. Se ci riflettiamo infatti anche il Dio dei cristiani lavorò per sei giorni e il settimo ebbe bisogno di riposare. E anche per questo la Chiesa cattolica ha dedicato questo giorno a San Giuseppe artigiano.
Nel lavoro dunque l’uomo, che fu fatto a somiglianza del Creatore, si realizza, anche se, nonostante tutte le scoperte scientifiche e le corse tecnologiche, ancora non è così e per troppe persone. Diceva Adriano Olivetti, fondatore della storica azienda italiana: “Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo”.
Quella di quest’anno, fra l’altro, è una festa caratterizzata non solo dalla grande crisi sanitaria ma anche economica e che per certi versi svuota perfino l’articolo Uno della nostra Costituzione che recita: l’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro. Ma quando il lavoro manca, e manca per troppe persone, dove si fonda la Repubblica?
Quest’anno, dicevamo, è una ricorrenza che sarà celebrata senza le tradizionali piazze affollate e le altre ormai tradizionali kermesse musicali, mentre Ministero dell’Istruzione ha deciso di passarla insieme agli studenti sui social per non rinunciare a riflettere sull’importanza di questa ricorrenza, anche attraverso la musica.
Infatti, leggiamo in un comunicato stampa, i giovani saranno invitati a partecipare a un “concertone” su Instagram a cui potranno intervenire postando le loro esibizioni musicali, insieme con le studentesse Karen, Sara e Fabiana dell’istituto Superiore Enzo Ferrari di Susa (TO), con un messaggio in lingua dei segni e i ragazzi della Consulta studentesca della Calabria e di Sveva, una studentessa del Liceo Visconti di Roma.
Per partecipare basterà registrare un brano, anche preceduto da un breve messaggio sulla giornata, e postarlo su Instagram, taggando il profilo Instagram del Ministero @misocialig.
In ogni caso, come ormai è consuetudine, buon Primo Maggio a tutti i nostri lettori (e anche a chi non lo è) e nella speranza che questa terribile pandemia passi al più presto in modo che al più presto il lavoro usato, per chi ancora lo ha, riprenda.
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