Sembra proprio che i senatori stiano male, molto peggio di tutto il resto della popolazione che loro rappresentano se hanno bisogno di cinque specialisti in cardiologia e cinque in anestesia e rianimazione all’interno dell’ambulatorio del Senato. E non medici qualunque ma laureati con almeno 105/110 ed esperienza professionale minima di cinque anni per i medici e quattro per gli infermieri, per le cui spese e il cui salario mensile ci deve pensare ancora una volta la popolazione e in modo particolare quella che paga regolarmente le tasse.
In realtà, leggiamo sulle agenzie, nell’idea originaria l’ambulatorio era destinato solo ai senatori non residenti a Roma, garantendo loro la stessa assistenza sanitaria dei loro colleghi della Capitale. Poi si sono aggiunti i deputati, gli ex parlamentari, i dipendenti del Senato e altri gruppi, per un servizio che ad oggi consta di un medico e quattro infermieri in pianta stabile, più altri ventisei retribuiti a prestazione per assicurare i turni 24 ore su 24. Per un totale di 650mila euro. Ma anche i deputati sembrano essere molto cagionevoli: l’ambulatorio della Camera, al pari di quello del Senato, poggia anche sul servizio distaccato dell’Asl di Roma e su una convenzione diretta con il Gemelli. Anche qui si contano 30 camici bianchi tra esterni e interni, per un totale di 1,4 milioni di euro l’anno.
Come si vede siamo di fronte a un vero e proprio esercito di medici, armato di siringhe e stetoscopi, pronto a sconfiggere virus, batteri, fibrillazioni, influenze, torcicolli e perfino il ginocchio della lavandaia se si presentasse a nocumento di questi nostri rappresentanti nella barca del Parlamento. Eppure i senatori sono appena 320 (senatori a vita compresi) e 630 i deputati, compresi le circoscrizioni estere, per un totale di 950 “padri coscritti” come li chiamavano i latini.
Premettendo che non abbiamo nulla in contrario nei confronti di questa sorta di medicina preventiva che salvaguarda la salute dei nostri rappresentanti parlamentari, la riflessione che facciamo riguarda quella scuole, e in modo particolare i polivalenti, dove convivono giornalmente anche 2. 000, ma anche di più, tra alunni, insegnanti, personale con regolare intromissione di fornitori, viste esterne, tecnici e così via.
Ebbene in queste mega strutture dove si fa educazione fisica, e quindi sforzi fisici che possono creare qualche pensiero, e dove si è a contatto con laboratori, e quindi con corrente elettrica, reagenti chimici e altre sostanze chimiche volatili, e dove durante le ricreazioni, compresi gli ingressi e le uscite, si incontrano e si rincorrono migliaia di alunni, minorenni e talvolta pure euforici, non ci giunge notizia dell’esistenza di neanche un presidio medico o perfino di un infermiere, se si esclude forse la cassetta del pronto soccorso.
Ma non finisce solo nell’affollamento il rischio che ogni giorno i ragazzi corrono, e con loro i docenti e il personale; ad esso bisogna aggiungere la vetustà solenne e perigliosa delle strutture stesse e delle infrastrutture, cadenti e ripieni di pericolosità dove primeggiano i vetri rotti, le persiane legate con lo spago e tutto quel numeroso elenco di carenze di cui molte associazioni hanno dato conto con minuzia di dettaglio.
E neanche in queste scuole così a totale rischio non c’è, non solo presenza medica, ma neanche odore di infermeria, se si esclude la consueta buona volontà dei soliti insegnanti o dei soliti bidelli pronti a sbracciarsi e portare soccorso e persino accompagnare al pronto soccorso più vicino in caso di incidenti o di malori.
Nei due rami del Parlamento invece, sapendo che non c’è nessuno pronto a sbracciarsi, tranne che per raccattare prebende, sono con ogni probabilità costretti a reclutare così tanti medici anche perché se uno di loro sta male ce n’è pronto un altro a sostituirlo: non si sa mai.
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