L’iniziativa 100 alla maturità ci rivela che tre partecipanti su quattro, tra le eccellenze, sono ragazze, a fronte di un quarto di compagni maschi che hanno ottenuto 100 all’Esame di Stato: dei 132 partecipanti ad una settimana dal lancio dell’iniziativa, 95 sono le centiste donne, contro i 37 uomini.
Un dato che conferma che ci troviamo di fronte a una questione di genere, come abbiamo spiegato nell’articolo relativo alle ragioni pedagogiche del progetto.
Carriere difficili e stipendi ridotti
Fare educazione all’eguaglianza di genere, infatti, comporta dare spazio agli innumerevoli successi scolastici delle ragazze (molto spesso superiori, numericamente, a quelli dei ragazzi), che ci sembra un modo “plastico” per ricordare che a fronte di carriere scolastiche di successo, le donne ancora oggi occupano ruoli marginali e subalterni nelle aziende. E ricevono in alto numero stipendi non adeguati (in media tra il 20 e il 30% in meno rispetto al genere maschile), segno che i loro meriti vengono sottostimati rispetto a quelli dei colleghi uomini. Soprattutto nel Mezzogiorno. Nel primo anno della pandemia (dati Eurostat 2020) il tasso di occupazione femminile è stato in media in Europa del 62,4% per le donne tra i 15 e 64 anni a fronte del 32,2% nel Sud Italia e del 33,2% nelle Isole.
Ed è significativo che dopo un anno e mezzo di pandemia sono state ancora loro, le donne, a subire gli effetti del dramma, molto più degli uomini, in fatto di posti di lavoro perduti. Il report del World Economic Forum (Wef) ci testimonia un vero e proprio Global Gender Gap. Le donne in pandemia perdono il lavoro più degli uomini, e quindi arretrano nel reddito e nel benessere. Per non parlare di altri dati allarmanti, citati dal Sole 24 Ore: elevata differenza salariale (stimata nel 5,6% dal Wef, ma per altre rilevazioni Eurostat al 12%), mancata possibilità di carriera (solo il 28% dei manager sono donna, peggio di noi in Europa solo Cipro) e accesso a formazione Stem (16% delle donne contro il 34% degli uomini).
Tutti motivi in più per mettere in luce i moltissimi 100 alla maturità delle ragazze.
La ricerca Save the children
Il successo scolastico del genere femminile è confermato anche dalle ricerche di Save the children, di cui abbiamo già discusso, e che ci mostrano come la povertà educativa digitale sia maggiore tra i maschi rispetto alle ragazze. A proposito di Stem, insomma, ovvero di discipline tecnologico-scientifiche, è stato quindi di recente sfatato il falso mito dei ragazzi maggiormente “portati”.
A tal proposito, va detto che per la dimensione relativa all’alfabetizzazione di base, la povertà educativa digitale incide sui maschi per il 22% contro il 17% di incidenza per le ragazze; un risultato che non sorprende, spiegano gli stessi autori del report di Save the Children.
Anche guardando l’indagine ICILS 2018, è appurato che le ragazze di 13 anni in Italia ottengano punteggi più alti dei coetanei maschi: 469 punti contro i 454 dei coetanei maschi. Idem sul fronte europeo. La percentuale di ragazze con competenze digitali elevate è infatti maggiore di quella dei ragazzi: 32% contro 28.7%.
Censis: voti più alti e più specializzate
Anche per il Censis le donne studiano più a lungo degli uomini e ottengono risultati migliori in tutti i cicli scolastici.
Nel 2018 hanno conseguito una laurea 183.096 donne, il 57,1% del totale dei laureati. Nello stesso anno risultano iscritte all’università 938.816 studentesse, che rappresentano il 55,4% degli iscritti. Le donne sono la maggioranza anche negli studi post-laurea: sono il 59,3% degli iscritti a un dottorato di ricerca, un corso di specializzazione o un master.
Riguardo ai risultati, alle scuole medie il 5,5% delle ragazze si licenzia con 10 e lode contro il 2,5% dei ragazzi. Il voto medio di diploma è 79/100 per le femmine e 76/100 per i maschi. All’università il 55,5% delle studentesse si laurea in corso, contro un numero più basso (il 50,9%) degli studenti maschi. Il 24,9% delle femmine si laurea con 110 e lode, contro il 19,6% dei maschi. E il voto medio conseguito alla laurea è pari a 103,7 per le donne e a 101,9 per i maschi.
L’Istat conferma
Anche guardando l’ultimo Report dell’Istat sui livelli di istruzione, risulta che il livello di istruzione femminile in Italia è sensibilmente maggiore di quello maschile: nel 2019 le donne con almeno il diploma sono quasi i due terzi del totale (il 64,5%), quota di circa 5 punti percentuali superiore a quella degli uomini (il 59,8%); una differenza che nella media Ue è di appena un punto percentuale.
Le donne laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini; vantaggio femminile ancora una volta più marcato rispetto alla media Ue.
Il risultato deriva anche da una crescita dei livelli di istruzione femminili più veloce rispetto a quella dei maschi: in cinque anni la quota di donne almeno diplomate e di quelle laureate è aumentata, in entrambi i casi, di 3,5 punti (+2,2 punti e +1,9 punti i rispettivi incrementi tra gli uomini).
I dati della nostra iniziativa si posizionano quindi in linea con una tendenza generale, che non è mai messa in luce a dovere.
Emergenza Neet
E come già accennato, l’emergenza Covid ha peggiorato anche l’emergenza Neet: lo dicono gli ultimi dati nazionali sul numero di ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, circa 2 milioni di giovani, come riferisce anche il nostro direttore Alessandro Giuliani.
L’Italia già prima del Covid deteneva da anni il triste primato di ragazzi di età compresa tra i 15 e i 24 anni usciti dalla scuola e senza occupazione. Con la pandemia i numeri sono aumentati: l’ultimo rapporto trimestrale sull’occupazione pubblicato dall’esecutivo dell’Unione europea ci ha detto che questa categoria “ha raggiunto in percentuale il 20,7% nel secondo trimestre del 2020: si tratta di un dato record seguito da quello messo a segno dalla Bulgaria (15,2%) e dalla Spagna (15,1%)”.
E in uscita dal lavoro o ad avere perso fiducia persino a cercarlo, sono purtroppo in netta maggioranza le innumerevoli ragazze e donne spesso avevano conseguito a scuola esiti eccellenti.