Egregio ministro Bussetti,
condivido la sua intenzione di evitare l’ennesima riforma della scuola che noi operatori siamo stati costretti a subire ad ogni cambio di governo negli ultimi 30 anni.
Lei, in un recente convegno tenuto nella mia città, ha parlato di amore e non si può non condividere la scelta di una parola così importante e impegnativa.
Si tratta di un concetto, a mio avviso, sistemico, che non riguarda solo l’atteggiamento del docente verso i propri ragazzi e il proprio mestiere, ma anche l’ atteggiamento della politica, delle famiglie e della società nei confronti dei docenti. Veniamo da decenni di delegittimazione e di peggioramento delle condizioni lavorative, sia a livello economico che di prestigio sociale e di burocratizzazione delle procedure.
Qualche tempo fa ho scritto che l’unico momento della mia storia lavorativa in cui mi sono sentito importante, “coccolato” dallo stato, è stato nella seconda metà degli anni ottanta, quando tutte le forze politiche si sono trovate d’accordo sulla necessità di superare il maestro unico e sono stati istituiti i famosi moduli con le famose ore di compresenza, poi massacrati da Tremonti e company. Da allora solo tagli, sacrifici, riforme contrapposte calate dall’alto, insulti, condizionamenti, clima avvelenato e odio nei nostri confronti.
Se la politica darà l’esempio e comincerà ad “amare” i propri docenti proteggendoli dagli attacchi della società, migliorandone le condizioni economiche ed ambientali, facendo applicare le normative europee sulla tutela della loro salute (inevase al 100%) allora sì che le cose potranno cambiare realmente in un sistema scolastico, il nostro, confuso e disorientato, basato da sempre sulla “buona volontà” di docenti, presidi e operatori Ata.
Ferdinando Monti