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11 emendamenti alla legge di bilancio. C’è anche la legge sugli educatori socio-pedagogici

Arriva un nuovo pacchetto di 11 emendamenti alla Legge di Bilancio del relatore, Francesco Boccia. Si va dall’introduzione della legge sugli educatori socio-pedagogici e i pedagogisti fino alla proroga di un anno delle graduatorie per gli insegnanti dell’alta formazione artistica, musicale e coreutico.

Legge sugli educatori socio-pedagogici

Il disegno di legge intende disciplinare l’esercizio delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico (che subentra all’attuale educatore) e di pedagogista, nonché, per alcuni aspetti, la professione di educatore professionale socio-sanitario (nuova denominazione dell’attuale educatore professionale). A tal fine, stabilisce, in particolare, che l’esercizio delle rispettive attività è consentito – salve alcune previsioni transitorie rivolte a consentire, a determinate condizioni, l’esercizio della attuale professione di educatore – solo a chi è in possesso delle relative qualifiche, attribuite all’esito del percorso di studi universitario specificamente indicato, abilitante per le sole figure di pedagogista e di educatore professionale sociosanitario.

Attualmente, nell’ordinamento è riconosciuto solo il profilo dell’Educatore professionale.
In particolare, lo stesso è stato riconosciuto dal Ministero della Sanità attraverso il DM 8 ottobre 1998, n. 520 – regolamento emanato in attuazione dell’art. 6, co. 3, del d.lgs. 502/1992 – che, nell’individuare le figure professionali ed i relativi profili, relativamente alle aree del personale sanitario in fermieristico, tecnico e della riabilitazione, ha stabilito che “l’educatore professionale è l’operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’equipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana; cura il positivo inserimento o reinserimento psicosociale dei soggetti in difficoltà”. Esso opera all’interno di strutture socio-sanitarie-riabilitative e socio-educative.

In base al medesimo DM, la formazione dell’educatore professionale avviene presso le strutture sanitarie del SSN e le strutture di assistenza socio-sanitaria degli enti pubblici individuate con protocolli d’intesa fra regioni e università. Le università provvedono alla formazione attraverso la facoltà di medicina e chirurgia, in collegamento con le facoltà di psicologia, sociologia e scienza dell’educazione.

A sua volta, il D.I. 27 luglio 2000 ha stabilito che i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla normativa previgente al DM 520/1998 – tra i quali titoli conseguiti al termine di corsi regionali – sono equipollenti al diploma universitario di educatore professionale, ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post-base.

Con la determinazione delle classi delle lauree delle professioni sanitarie – avvenuta prima con DI 2 aprile 2001 (ex DM 509/1999) e, successivamente, con DI 19 febbraio 2009 (ex DM 270/2004) – il profilo di Educatore professionale afferisce alle professioni sanitarie dell’area della riabilitazione (classe di laurea L/SNT/2, già classe 2). Il medesimo DI 19 febbraio 2009 ha richiamato esplicitamente il campo di attività previsto per l’educatore professionale dal DM 520/1998.

Da ultimo, il DPCM 26 luglio 2011, recependo l’accordo in Conferenza Stato-regioni del 10 febbraio 2011, concernente i criteri e le modalità per il riconoscimento dell’equivalenza ai diplomi universitari dell’area sanitaria – effettuato ai soli fini dell’esercizio professionale, sia subordinato che autonomo – dei titoli del pregresso ordinamento (in attuazione dell’art. 4, co. 2, L. 42/1999), ha escluso esplicitamente, tra gli altri, i titoli universitari rilasciati dalla facoltà di Pedagogia/Scienze della Formazione per educatore professionale, conseguiti dopo l’entrata in vigore della L. 42/1999.

Con riferimento alla prova finale del corso di laurea, l’art. 7 del già citato DI 19 febbraio 2009 stabilisce che essa ha valore di esame di Stato abilitante all’esercizio professionale. La commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11 membri, è nominata dal rettore su proposta del consiglio di corso di laurea e comprende almeno 2 membri designati dal collegio professionale o dalle associazioni professionali maggiormente rappresentative. Il MIUR e il Ministero della salute possono inviare propri esperti come rappresentanti alle singole sessioni.

Nulla viene specificato circa gli oneri.

L’art. 1 individua le professioni sulle quali il testo unificato interviene. In particolare, esplicita che per l’educatore professionale socio-sanitario continua ad applicarsi, per quanto non espressamente ora previsto, il DM 520/1998. Prevede inoltre che l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano in ambito educativo, formativo e pedagogico, in rapporto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, in una prospettiva di crescita personale e sociale, nel quadro degli indirizzi forniti dall’Unione europea in materia di educazione formale, non formale e informale.

Al riguardo, si ricorda, in particolare, che le Conclusioni 2009/C 119/02 del Consiglio europeo del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020»), confermando quanto già evidenziato dalle Conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 e dalle Conclusioni del Consiglio europeo di Santa Maria da Feira del giugno 2000 – hanno convenuto che “la cooperazione europea nei settori dell’istruzione e della formazione per il periodo fino al 2020 dovrebbe essere istituita nel contesto di un quadro strategico che abbracci i sistemi di istruzione e formazione nel loro complesso, in una prospettiva di apprendimento permanente“, in un quadro, cioè, di “apprendimento in tutti i contesti, siano essi formali, non formali o informali, e a tutti i livelli“.

Nella legislazione nazionale, l’art. 2 del d.lgs. 13/2013, richiamato nel testo, definisce l’”apprendimento formale” (che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, o di una certificazione riconosciuta), l’”apprendimento non formale” (caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi di apprendimento formali) e l’”apprendimento informale” (che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero).

L’art. 2 introduce la definizione delle professioni delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista – entrambe caratterizzate da autonomia scientifica e responsabilità deontologica –, in particolare specificando che il pedagogista è un professionista di livello apicale.

Entrambe le figure professionali operano nel campo dell’educazione formale e di quella non formale, in regime di lavoro autonomo, subordinato o, ove possibile, mediante forme di collaborazione, svolgendo interventi in vari contesti educativi e formativi, su individui e gruppi (di ogni età), nonché attività didattica, di ricerca e di sperimentazione.

In particolare, in base al combinato disposto dell’art. 2, co. 4, e degli artt. 7 e 10, l’esercizio della professione è consentito (fatte salve le previsioni transitorie di cui all’art. 13) solo a chi possiede le qualifiche di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista, attribuite all’esito del percorso di studi universitario specificamente indicato che, per il pedagogista, come già detto, è abilitante (v. infra).

Lo stesso principio si applica, in base all’art. 2, co. 4, anche per l’esercizio della professione di educatore professionale socio-sanitario, subordinato al conseguimento dello specifico titolo di studio abilitante (v. infra).

Gli artt. 3 e 4 individuano gli ambiti dell’attività professionale, nonché i contesti in cui la stessa è esercitata.

In particolare, l’art. 3 specifica che:

l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista operano nei servizi e presidi socio-educativi e socio-assistenziali, nonché nei servizi socio-sanitari, limitatamente agli aspetti socio-educativi;
l’educatore professionale socio-sanitario opera nei servizi e presidi sanitari, nonché nei servizi e presidi socio-sanitari(e non anche, come invece attualmente prevede il DM 520/1998, nelle strutture socio-educative).
Con riferimento agli ambiti prioritari di intervento dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista, fa riferimento ai seguenti: educativo e formativo; scolastico; socio-sanitario e della salute, limitatamente agli aspetti socio-educativi; socio-assistenziale; della genitorialità e della famiglia; ambientale; culturale; sportivo e motorio; giudiziario; dell’integrazione e della cooperazione internazionale.

L’art. 4, invece, elenca le diverse tipologie di servizi nei quali l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista, in particolare, operano – specificando che possono essere pubblici e privati.

Si tratta, fra l’altro, di: servizi educativi per lo sviluppo della persona e della comunità territoriale; servizi educativi da 0 a 3 anni; servizi extrascolastici per l’infanzia, nonché per l’inclusione e la prevenzione del disagio e della dispersione scolastica; servizi educativi nelle scuole; servizi per la genitorialità e la famiglia; servizi educativi per le pari opportunità; servizi di consulenza tecnica d’ufficio nei procedimenti giudiziari di diritto di famiglia; servizi educativi di promozione del benessere e della salute; servizi educativi, ludici, artistico-espressivi e del tempo libero per soggetti di ogni età; servizi per anziani; servizi di educazione formale e non formale per adulti; servizi per l’integrazione degli immigrati e dei rifugiati e per la formazione interculturale; servizi di educazione ambientale e sui beni culturali; servizi educativi nel campo dell’informazione e della comunicazione; servizi educativi nei contesti lavorativi e nei servizi di formazione, collocamento, consulenza; servizi per la rieducazione e la risocializzazione di soggetti detenuti e servizi di assistenza ai minori coinvolti nel circuito giudiziario e penitenziario; servizi per l’aggiornamento e la formazione iniziale di educatori e di pedagogisti.

Il medesimo articolo specifica, peraltro, che, per le amministrazioni pubbliche interessate, tali previsioni non comportano l’obbligo di erogare servizi socio-educativi aggiuntivi rispetto a quelli previsti a legislazione vigente, né implicano autorizzazione a derogare alle vigenti facoltà assunzionali.

Gli artt. 6 e 9 – declinando quanto già stabilito agli artt. 2, 3 e 4 (ma con alcune differenze lessicali) – precisano le attività professionali e le competenze, rispettivamente, dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista.

In particolare, all’educatore professionale socio-pedagogico spetta, tra l’altro, programmare, progettare, attuare, gestire e valutare le azioni educative e formative dei servizi pubblici e privati e del terzo settore, di educazione e formazione, nonché concorrere alla progettazione dei suddetti servizi e di azioni educative rivolte ai singoli soggetti.

Il pedagogista si occupa – oltre che di azioni pedagogiche rivolte a singoli soggetti –, di progettare, programmare, organizzare e coordinare i servizi pubblici o privati di educazione e formazione, nonché di monitorarli e valutarli.

I due articoli elencano, inoltre, le specifiche attività attribuite alle due professioni.

Gli artt. 7 e 10 – cui si è già accennato – disciplinano la formazione universitaria necessaria, disponendo che:

la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita a chi consegue un diploma di laurea nella classe di laurea L-19, Scienze dell’educazione e della formazione;
la qualifica di educatore professionale socio-sanitario è attribuita a chi consegue un diploma di laurea abilitante nella classe di laurea L/SNT/2, Professioni sanitarie della riabilitazione.
Le università favoriscono l’attivazione di corsi di laurea interdipartimentali o interfacoltà fra strutture afferenti all’area medica e strutture afferenti all’area delle scienze dell’educazione e della formazione, per il conseguimento di un diploma di laurea nella classe L-19 o nella classe L/SNT/2 e favoriscono il riconoscimento del maggior numero di crediti allo studente che, possedendo già uno dei due titoli, intenda conseguire l’altro;

la qualifica di pedagogista è attribuita a chi consegue un diploma di laurea magistrale abilitante nelle classi di laurea magistrale: LM-50, Programmazione e gestione dei servizi educativi; LM-57, Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua; LM-85, Scienze pedagogiche; LM-93, Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education.
Si specifica, al riguardo, che le spese relative allo svolgimento dell’esame per il rilascio del diploma di laurea abilitante sono integralmente a carico dei partecipanti, con modalità stabilite dalle università interessate.

Tale specifica è stata introdotta in sede referente dalla VII Commissione della Camera dei deputati successivamente alla trasmissione della relazione tecnica predisposta dal MIUR e negativamente verificata dalla Ragioneria generale dello Statosul testo unificato trasmesso alle Commissioni consultate per il parere, che stimava il maggior onere per gli ateneirelativo all’organizzazione dell’esame di abilitazione per ipotetici 2.671 studenti in € 685.410 (pari a € 256,6 per studente).

Per completezza, si ricorda che, nel caso del diploma di laurea magistrale abilitante alla professione di restauratore di beni culturali, il D.I. 28 gennaio 2016, n. 57 ha definito l’organizzazione degli esami finali, stabilendo – per quanto qui interessa – che sono a carico delle Istituzioni sede di esami (atenei, Accademie di Belle Arti, altri enti interessati e riconosciuti ai sensi del D.I. 87/2009) gli oneri finanziari connessi allo svolgimento degli stessi, ivi compresi i compensi e i trattamenti di missione da corrispondere ai membri delle commissioni giudicatrici.

La medesima qualifica è attribuita a professori universitari, anche fuori ruolo e in quiescenza, e a dottori di ricerca in pedagogia, anche se in possesso di titoli di studio diversi da quelli indicati, che abbiano insegnato discipline pedagogiche per almeno 3 anni accademici, anche non consecutivi, nelle università italiane o in strutture di particolare rilevanza scientifica anche sul piano internazionale, nonché ai ricercatori universitari a tempo indeterminato (figura che, si ricorda, ai sensi della L. 240/2010, è posta ad esaurimento) in discipline pedagogiche, anche se in possesso di titoli di studio diversi da quelli indicati.

Entrambi gli articoli specificano, inoltre, che la formazione universitaria deve essere funzionale al raggiungimento delle conoscenze, abilità e competenze necessarie per lo svolgimento delle attività professionali indicate, rispettivamente, negli artt. 6 e 9.

In materia, si ricorda che, sulla base dell’art. 4, co. 2, del DM 270/2004, recante il vigente regolamento sull’autonomia didattica degli atenei, sono stati adottati, il 16 marzo 2007, un DM relativo alla determinazione delle classi delle lauree e un DM relativo alla determinazione delle classi di laurea magistrale.

In base al primo DM, gli sbocchi occupazionali dei laureati nella classe delle lauree in scienze dell’educazione e della formazione (classe L-19) riguardano attività di educatore e animatore socio-educativo nelle strutture pubbliche e private che gestiscono o erogano servizi sociali e socio-sanitari (residenziali, domiciliari, territoriali) previsti dalla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (L. 328/2000) e riguardanti famiglie, minori, anziani, soggetti detenuti nelle carceri, stranieri, nomadi, servizi culturali, ricreativi, sportivi, di educazione ambientale. Gli stessi laureati possono, inoltre, svolgere attività professionale come formatore, istruttore o tutor nei servizi di formazione professionale e continua, pubblici, privati e del privato sociale, nelle imprese e nelle associazioni di categoria, come educatori nei nidi e nelle comunità infantili, nei servizi di sostegno alla genitorialità, nelle strutture prescolastiche, scolastiche ed extrascolastiche e nei servizi educativi per l’infanzia e per la preadolescenza.

In base al DM relativo alle classi di laurea magistrale, i laureati nella classe LM-50 operano nell’area del coordinamento di servizi educativi e socio-assistenziali con il compito, fra gli altri, di progettare, supervisionare e valutare progetti educativi e riabilitativi. Gli sbocchi occupazionali sono principalmente nei servizi alla persona, erogati da enti pubblici o privati, in campo educativo, sociale, sanitario e assistenziale, oltre che, con funzioni di alta responsabilità, in scuole, agenzie di formazione professionale, strutture socio-culturali e socio-educative di enti locali, regioni e pubblica amministrazione, cooperative, associazioni di volontariato, aziende sanitarie e socio-sanitarie.

I laureati nella classe LM-57 operano nell’area degli interventi e dei servizi formativi rivolti agli adulti e ordinati ad azioni di formazione e aggiornamento, riqualificazione, orientamento e bilancio di competenze, inserimento lavorativo. Gli sbocchi occupazionali sono prevalentemente in istituzioni ed enti pubblici e privati che erogano azioni, interventi e servizi di formazione continua, in aziende private, agenzie ed enti di formazione professionale, servizi alle imprese, servizi per l’impiego, servizi socio-educativi e culturali, organismi del terzo settore, servizi formativi della PA.

Per i laureati nella classe LM-85 gli sbocchi occupazionali sono in attività di ricerca educativa e di consulenza nella programmazione e gestione di interventi nelle scuole e nei servizi in campo educativo e formativo erogati da enti pubblici e privati e del terzo settore, e organismi di direzione, orientamento, supporto e controllo presso la PA.

I laureati nella classe LM-93 operano, con funzioni di elevata responsabilità, negli ambienti educativi formali, non formali e informali, nei settori dell’animazione culturale e del tempo libero, nelle organizzazioni socio-assistenziali che operano dell’area del disagio e della rieducazione o del reinserimento sociale, nei settori aziendali ed editoriali della produzione mediale e massmediale, nella formazione dei formatori sui temi media educational, nella formazione di insegnanti e dirigenti scolastici sui temi relativi alle tecnologie comunicative nei contesti scolastici, nelle attività di promozione dell’uso delle tecnologie comunicative.

Nello stesso ambito, si ricorda, peraltro, che, con decreti del MIUR, di concerto con il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, è stata stabilita l’equiparazione, ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici, tra titoli del vecchio ordinamento (ante DM 509/1999) e titoli ex DM 509/1999 e ex DM 270/2004.

In particolare, con D.I. 9 luglio 2009 è stata stabilita la corrispondenza tra la classe L-19 (ex DM 270/2004) e la classe 18-Scienze dell’educazione e della formazione (ex DM 509/1999). Con ulteriore D.I. 9 luglio 2009 è stata stabilita l’equiparazione delle classi LM-50, LM-57 e LM-85 (ex DM 270/2004), rispettivamente, alle classi 56/S Programmazione e gestione dei servizi educativi e formativi, 65/S Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, 87/S Scienze pedagogiche (ex DM 509/1999).

In materia di formazione universitaria, interviene anche l’art. 11 che dispone che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge i Ministri competenti apportano le necessarie modifiche ai già citati DM 16 marzo 2007 e al già citato DI 19 febbraio 2009.

Gli artt. 5 e 8 riconoscono all’educatore professionale socio-pedagogico e al pedagogista le conoscenze, competenze e abilità proprie, rispettivamente, delle aree di professionalità del 6° e 7° livello del Quadro europeo delle qualifiche.

Sull’argomento, si ricorda che il 23 aprile 2008 è stata adottata la Raccomandazione europea del Parlamento europeo e del Consiglio sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF: European Qualifications Framework) con la quale gli Stati membri sono stati invitati a rapportare i sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro europeo entro il 2010 e ad adottare misure affinché entro il 2012 i nuovi certificati di qualifica, i diplomi e i documenti Europass contenessero un chiaro riferimento all’appropriato livello del EQF.

Quest’ultimo è strutturato secondo otto livelli di riferimento, declinati in conoscenze, abilità e competenze.

Per quanto concerne l’Italia, il 20 dicembre 2012, in sede di Conferenza Stato-Regioni, è stato sottoscritto un accordo – recepito con D.I. 13 febbraio 2013 – con il quale è stato adottato il “Primo rapporto italiano di referenziazione delle qualificazioni al EQF“. In base a tale accordo, la laurea e il diploma accademico di I livello sono riferiti al livello 6 del EQF, mentre la laurea magistrale, il diploma accademico di secondo livello, il master universitario di primo livello, il diploma accademico di specializzazione e il diploma di perfezionamento o master sono riferiti al livello 7 del EQF.

Al riguardo, si veda anche il comunicato stampa del MIUR del 1° febbraio 2013.

L’art. 12 dispone, anzitutto, che le professioni di educatore professionale sociopedagogico e di pedagogista rientrano fra le professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla L. 4/2013.

L’art. 1, co. 2, della L. 4/2013 dispone che per “professione non organizzata in ordini o collegi” si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo. Individua, inoltre, esplicitamente alcune esclusioni: si tratta delle attività (intellettuali) riservate per legge agli iscritti in albi o elenchi, ai sensi dell’art. 2229del codice civile, delle professioni sanitarie e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.

La legge dispone, altresì (art. 2), che coloro che esercitano la professione possono costituire associazioni professionali di natura privatistica – caratterizzate dall’assenza di scopo di lucro (art. 5, co. 1, lett. f) –, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.

In sostanza, la L. 4/2013 ha previsto l’autoregolamentazione volontaria per la qualifica delle figure professionali, anche indipendentemente dall’adesione dei soggetti che esercitano le professioni ad una delle associazioni.

In particolare, la qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI (d’ora in avanti: norme tecniche UNI), di cui alla direttiva 98/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998. Le associazioni professionali e le forme aggregative delle stesse associazioni – il cui elenco è pubblicato sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico – collaborano all’elaborazione della normativa tecnica UNI relativa alle singole attività professionali, e possono promuovere la costituzione di organismi accreditati di certificazione della conformità per i settori di competenza. Tali organismi – accreditati dall’organismo unico nazionale di accreditamento per gli organismi di certificazione ACCREDIA – possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista, anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alle norme tecniche UNI definite per la singola professione.

Le associazioni professionali, invece, possono rilasciare ai propri iscritti un’attestazione relativa, tra l’altro, agli standard qualitativi e di qualificazione professionale necessari per il mantenimento dell’iscrizione all’associazione e all’eventuale possesso della certificazione di conformità alle norme tecniche UNI.

Il possesso dell’attestazione non rappresenta requisito necessario per l’esercizio dell’attività professionale.

Dispone, altresì, che le stesse professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di pedagogista sono inserite negli elenchi e nelle banche dati dei soggetti deputati alla classificazione e alla declaratoria delle professioni, nonché nel repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.

Al fine indicato, sono attivati specifici codici professionali – anche per l’educatore professionale socio-sanitario – ed è unificata la classificazione delle professioni di CNEL (organo di cui l’art. 28 del testo di legge costituzionale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016, da sottoporre a referendum popolare, prevede la soppressione), ISFOL, ISTAT, Ministeri, regioni e altri organismi autorizzati.

A tale classificazione devono attenersi anche gli organismi di accreditamento e certificazione della qualità, le associazioni professionali e i singoli professionisti.

Al riguardo, si ricorda, anzitutto, che la Commissione europea, con raccomandazione 29 ottobre 2009 (2009/824/EC), ha adottato la nuova classificazione internazionale delle professioni, inducendo i paesi membri a elaborare dati statistici in materia di lavoro secondo la classificazione ISCO08 o secondo una classificazione nazionale da essa derivata.

Per l’Italia, l’ISTAT ha conseguentemente aggiornato la precedente tassonomia (CP2001), adottando la nuova nomenclatura e classificazione delle professioni CP2011.

L’obiettivo della CP2011 è fornire uno strumento per ricondurre le professioni esistenti all’interno di un numero limitato di raggruppamenti, da utilizzare per comunicare, diffondere e scambiare dati statistici e amministrativi sulle professioni, comparabili a livello internazionale. Di conseguenza, come indicato anche nella premessa, la classificazione non può in alcun modo essere considerata uno strumento normativo per il riconoscimento istituzionale di talune professioni o per la determinazione di standard retributivi e delle condizioni di impiego.

I livelli di competenza previsti dalla classificazione internazionale delle professioni ISCO08, ripresi sostanzialmente dalla CP2011, sono quattro e vengono definiti operativamente considerando la natura del lavoro che caratterizza la professione, il livello di istruzione formale (così come descritto dalla classificazione internazionale Isced97) e l’ammontare di formazione o di esperienza richieste per eseguire in modo adeguato i compiti previsti.

Il principio della competenza delinea un sistema classificatorio articolato su 5 livelli di aggregazione gerarchici. In particolare, i nove grandi gruppi, che rappresentano il livello di classificazione più elevato, contengono 37 gruppi che, a loro volta, racchiudono 129 classi. Queste sono ulteriormente disaggregate in 511 categorie, all’interno delle quali sono comprese 800 unità professionali. Tra queste:

l’unità professionale 3.2.1.2.7 è relativa agli Educatori professionali;
l’unità professionale 3.4.5.2.0 è relativa ai Tecnici del reinserimento e dell’integrazione sociale, e comprende le professioni di: Addetto all’infanzia con funzioni educative; Assistente di atelier creativo per bambini; Assistente per le comunità infantili; Educatore professionale sociale; Esperto assistenza anziani attivi; Esperto reimpiego pensionati; Esperto reinserimento ex carcerati; Mediatore interculturale; Tecnico della mediazione sociale; Tecnico per l’assistenza ai giovani disabili;
l’unità professionale 2.6.5.3.2 è relativa agli Esperti della progettazione formativa e curricolare, e comprende le professioni di: Coordinatore di settore nella formazione; Coordinatore progettista nella formazione; Esperto di processi formativi; Esperto nuove tecnologie per insegnamento; Formatore specialista di contenuti; Pedagogo; Progettista corsi di formazione; Responsabile sistemi e-learning (distance learning manager).
Si segnala, inoltre, che ISFOL e ISTAT hanno realizzato il Sistema informativo sulle professioni, finalizzato a fornire informazioni sull’occupazione e sulle caratteristiche delle professioni presenti nel mercato del lavoro.

Il repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali è previsto dal già citato d.lgs. 13/2013. In particolare, al fine di uniformarsi alle direttive europee, favorire la mobilità, l’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, nonché la spendibilità delle certificazioni in ambito nazionale ed europeo, l’art. 8 ha istituito il repertorio citato, che costituisce il quadro di riferimento unitario per la certificazione delle competenze, attraverso la progressiva standardizzazione degli elementi essenziali dei titoli di istruzione e formazione, compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali.

Sulla base dell’art. 8 è stato adottato il D.I. Lavoro-MIUR 30 giugno 2015, relativo alla definizione di un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali e delle relative competenze, nell’ambito del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.

L’art. 13 reca norme finali e transitorie.

In particolare, dispone, anzitutto, che la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita (direttamente) a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono in possesso di un diploma o di un attestato riconosciuto equipollente a un diploma di laurea della classe L-19 con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

E’, altresì, attribuita (direttamente) a coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, sono assunti con contratto a tempo indeterminato negli ambiti professionali indicati nel testo, e che abbiano o almeno 50 anni di età e 10 anni di servizio ovvero 20 anni di servizio.

Si prevede, inoltre, che, in via transitoria – evidentemente in casi diversi da quelli sopra indicati – la medesima qualifica è acquisita, previo superamento di un corso intensivo di formazione, da chi, alla data di entrata in vigore della legge:

sia inquadrato nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, con il profilo di educatore, a seguito di un pubblico concorso;
abbia svolto l’attività di educatore per almeno 3 anni, anche non continuativi, dimostrata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero con autocertificazione;
sia in possesso di un diploma abilitante rilasciato da un istituto magistrale o da una scuola magistrale entro l’anno scolastico 2001-2002.
Tale riferimento ricomprende sia i diplomi rilasciati all’esito dei corsi di studio ordinari delle scuole magistrali e degli istituti magistrali, sia i diplomi conseguiti al termine dei corsi sperimentali delle medesime istituzioni scolastiche, autorizzati conCircolare ministeriale 11 febbraio 1991, n. 27.

Con riguardo ai diplomi rilasciati entro l’a.s. 2001-2002 all’esito dei corsi sperimentali, si rammenta, infatti, che il valore abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria è stato riconosciuto con D.I. 10 marzo 1997.

In particolare, il corso intensivo di formazione – da svolgersi presso le università, anche tramite la formazione a distanza – deve essere intrapreso entro 3 anni dalla data di entrata in vigore della legge e comportare l’acquisizione di 60 crediti formativi.

In base all’art. 5 del DM 270/2004, al credito formativo universitario corrispondono, di norma, 25 ore di impegno complessivo per studente. La quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 crediti.

Le modalità di accesso e di svolgimento del corso e della prova scritta finale devono essere definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Si stabilisce peraltro sin da ora che il corso è organizzato dai Dipartimenti e delle Facoltà di Scienze dell’educazione e della formazione e che le relative spese sono poste integralmente a carico dei frequentanti, con modalità stabilite dalle università.

Anche tale specifica è stata introdotta in sede referente dalla VII Commissione della Camera dei deputati successivamente alla trasmissione della relazione tecnica predisposta dal MIUR e negativamente verificata dalla Ragioneria generale dello Stato sul testo unificato trasmesso alle Commissioni consultate per il parere, che stimava l’onere complessivo, sotto determinate ipotesi, in € 4.812.000.

Infine, si prevede che coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano svolto l’attività di educatore per almeno 12 mesi, anche non continuativi, documentata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero con autocertificazione, possono continuare ad esercitarla, senza potersi in nessun caso avvalere della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico.

Negli ambiti professionali e nei servizi indicati dagli artt. 3 e 4 del provvedimento in esame, il mancato possesso della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico o di educatore professionale socio-sanitario non può costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale, o per la modifica (anche di ambito), in senso sfavorevole al prestatore, dei rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore della legge.

L’art. 14 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Redazione

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