Chi non ha mai commesso un errore, non ha mai compiuto una scoperta! Dovremmo ricordare questo aforisma di Samuel Smiles ogni giorno, ma in particolare il 12 ottobre, perché si tratta della data giusta per riflettere sull’importanza degli errori e per celebrare al tempo stesso un grande errore e una grande scoperta.
Il 12 ottobre del 1492 infatti, dopo 36 giorni di navigazione nell’Oceano Atlantico, Cristoforo Colombo incappava in quel gigantesco imprevisto, che in seguito ribattezzò San Salvador, pensando di essere giunto in Asia. Aveva in realtà scoperto qualcosa di immenso, che peraltro aveva salvato la sua vita e quella del suo equipaggio.
È il caso di sfatare una volta per tutte il mito secondo cui il grande navigatore voleva dimostrare che la terra non fosse piatta. Tutti i dotti del suo tempo e tutti i navigatori non avevano dubbi a riguardo. Il punto era semmai determinare le dimensioni del globo terrestre: Colombo infatti sosteneva le stime fatte dal grande astronomo e cartografo Claudio Tolomeo che, a differenza anche di altri antichi come ad esempio Eratostene di Cirene, aveva sottostimato pericolosamente le dimensioni del globo. In base a questi calcoli, Colombo era convinto che raggiungere le Indie muovendo verso Ovest fosse non soltanto fattibile, ma addirittura conveniente. I portoghesi, che da anni avevano accolto e assoldato a corte grandi cartografi, non diedero credito a questa ipotesi e preferirono investire nei viaggi a Est di Bartolomeo Diaz e Vasco da Gama.
L’ipotesi di Colombo era infatti pericolosamente sbagliata, ma fu proprio questo errore a spingere Colombo in un’impresa che nessuno avrebbe mai pensato possibile o comunque sensata. Un gigantesco abbaglio che ci ha regalato una della più grandi scoperte di tutti i tempi.
Non vorrei esser frainteso: Colombo fu un grande navigatore, un innovatore, determinato e abile. Il suo grande merito non fu tanto quello di andare verso Ovest (ci aveva provato in tanti e anche i portoghesi per circumnavigare l’Africa si erano già spinti praticamente fino alle coste dell’odierno Brasile) quanto piuttosto quello di sapere tornare indietro senza conoscere venti e correnti, con delle navi che avevano bisogno di vento in poppa e correnti propizie.
Dopo il suo primo viaggio inoltre riattraversò l’Atlantico altre tre volte, riuscendo sempre nell’impresa (e per la cronaca lo attraversò perfino dopo la sua morte, visto che le sue spoglie furono portate a Santa Domingo e poi a Cuba, dove vi rimasero fino al 1898, quando furono riportate in Spagna).
Il 12 ottobre dunque festeggiamo un evento tanto entusiasmante da sembrare frutto della più fervida immaginazione: una storia che ci aiuta a riflettere sul fatto che nella vita dobbiamo fare di tutto per essere abili navigatori, capaci di affrontare le peggiori tempeste, ma allo stesso tempo non dobbiamo avere paura di sbagliare perché saranno gli errori a farci scoprire ciò che altrimenti non avremmo mai trovato.
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