Spesso l’idea d’imparare giocando è stata vista in netta contrapposizione con il mondo scolastico e formativo. Un’idea che non corrisponde al vero. Sapere stare insieme, seguire delle regole, studiare, conoscere, sono punti di riferimento per un educatore, ma bisogna renderli piacevoli per ottenere dei risultati, presentare sotto forma di gioco o anche con “metodo giocoso” un’attività, facilita il suo svolgimento e rende gli obiettivi da raggiungere più vicini.
Esiste una “gioia” nell’imparare, soprattutto se si ha uno spazio di autonomia nel fare esperienze formative, nel conquistare e poter usare conoscenze che daranno un senso alle cose che accadono: esperienze, conoscenze e abilità che forniranno supporto nelle scelte della vita.
Un obiettivo complesso e poliedrico che poco sembra avere a che spartire con la scuola tradizionale divisa per discipline e mirata sulla conoscenza, strizzando invece l’occhio a un approccio trasversale e multidisciplinare alla conoscenza, che rivoluziona la didattica e che si apre anche al mondo esterno.
Cercando di integrare esperienze diverse, scolastiche e non. Una concezione innovativa della scuola, basata sulle competenze che punta nella stessa direzione indicata dall’Ocse nei suoi più recenti rapporti sui sistemi scolastici e sulla formazione, che si sta modellizzando in diverse sperimentazioni avviate anche in Italia che rivoluzionano la didattica.
Un esempio applicativo dell’imparare giocando può essere rappresentato da una sperimentazione che vede al centro della proposta didattica il gioco della battaglia navale (una innovazione didattica in fase di sperimentazione da parte di chi scrive). Un gioco rielaborato all’interno di una piattaforma digitale creata con semplici formule programmate su Excel.
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