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14 miliardi il costo della fuga dei giovani all’estero

Secondo il Centro studi di Confindustria i miglioramenti sul versante dell’occupazione sono stati consistenti: il numero delle persone occupate nell’estate del 2017 è tornato sopra i 23 milioni, sui livelli del 2008 e a fine 2018 vi saranno 160 mila occupati in più rispetto alla data d’inizio della grande crisi. Se invece si fanno i conti a partire dal 2014  si vede che a fronte di una crescita cumulata del 3% nel Pil le persone occupate sono aumentate del 3,7%(+815 mila) e sono cresciute del 3,7% anche le unità di lavoro per anno (Ula) mentre il monte ore lavorate è salito del 4,3 per cento.

In ogni caso, fa presente il Sole 24 Ore, resta assai elevato il numero delle persone a cui il lavoro manca, in tutto o in parte, mentre il vero vulnus  è l’occupazione giovanile.

Senonché, invece di allargare la platea dei “lavoratori di domani nel nostro paese si va intensificando il fenomeno dell’emigrazione all’estero dei giovani per motivi di lavoro: il 51% di chi ha spostato la residenza all’estero fra il 2008 e il 2015 aveva un’età compresa fra i 15 e i 39 anni: si tratta di ben 260 mila persone. Ora, qualunque genitore sa che allevare e offrire un’educazione completa a un figlio fino a 25 anni costa caro e  se si stima questa spesa familiare intorno ai 165 mila euro, è come se l’Italia con l’emigrazione dei giovani avesse perso in questi anni 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano. Nel solo 2015 la spesa delle famiglie più quella sostenuta dallo Stato per la formazione dei giovani che hanno lasciato il Paese, è stata complessivamente pari a 14 miliardi, ovvero un punto di Pil”.

Pasquale Almirante

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