Lo sciopero mondiale per salvare il clima globale è vicino. Il 15 marzo 2019 potrebbe essere una data storica. In oltre 150 Paesi un gran numero di giovanissimi studenti diserterà le lezioni per protestare contro l’inazione dei Governi rispetto al disastro climatico (di cui La Tecnica della Scuola si è già occupata in diversi articoli) indotto dai combustibili fossili e dal modello di sviluppo imperante.
«Abbiamo certamente bisogno di speranza. Ma l’unica cosa di cui abbiamo bisogno più della speranza è l’azione. Una volta che iniziamo ad agire, la speranza si diffonde». Non lo ha detto Gandhi. E nemmeno Erich Fromm. Lo ha detto Greta Thunberg, la sedicenne svedese che ha lanciato i venerdì di protesta studenteschi davanti alle sedi politiche ed istituzionali. Il suo esempio è stato seguito dai giovanissimi di tutto il mondo. Qualcosa che non si vedeva dal 1968.
E da noi?
Anche in Italia i teenager si stanno muovendo. I docenti sonnecchiano, ma nelle scuole c’è fermento, così come sul web. Per rendersene conto, basta consultare il sito italiano dei “Fridays For Future”; o la loro pagina Facebook; o quella del loro gruppo Facebook; o il loro comunicato; o la pagina dei FFF Strike Organizer italiani; o il sito delle Brigate Verdi.
Cambiare il pensiero cambia il mondo
Secondo Einstein «Non possiamo risolvere un problema usando lo stesso modo di pensare con cui lo abbiamo creato». E infatti non sono gli adulti a porsi il problema di impedire la catastrofe globale, ma gli adolescenti, ossia le uniche persone capaci di pensare in modo nuovo. Le generazioni precedenti, ed in particolare quelle nate tra il 1945 ed il 1965 (i “baby boomers”) hanno creato il problema. O meglio, lo ha creato quella minoranza dei baby boomers che detiene il potere economico e politico da decenni (spesso per averlo ereditato dalle generazioni precedenti). Il “saccheggio generazionale” è opera loro, e sta portando i giovanissimi più sensibili e intelligenti a confliggere coi politici. I quali continuano ad ostentare insensibilità al problema ambientale globale (consapevoli che in un pianeta devastato non vivranno loro, ma chi è oggi giovanissimo). Ed ecco che solo i più giovani mostrano di avere una visione a lungo termine della realtà: visione che manca totalmente a imprenditori e politici.
Primo: convincere i politici
A differenza di troppi adulti, i ragazzini come Greta Thunberg hanno compreso un concetto molto semplice: per cambiare il futuro del pianeta (e poter sperare ancora di salvarci tutti), convincere i politici è l’unico strumento utile. Molto più utile che limitarsi ad andare in bicicletta per non bruciare benzina, o a pregare, o a mettere la testa sotto la sabbia illudendosi che tutto si sistemi da sé. Solo i politici possono limitare il potere delle multinazionali (l’unico, vero, grande Potere, che condiziona anche il potere politico).
Chi ha superato i 55 anni vivendo in un Paese europeo ricco ha vissuto una vita accettabile; deve perciò riconoscere anche ai giovanissimi il diritto a una vita accettabile, ed impedire che la devastazione dell’ambiente renda questo diritto irrealizzabile. Spesso noi adulti parliamo male degli adolescenti, perché molti di loro sono irresponsabili, consumisti, edonisti, privi di ideali. Ma cosa facciamo poi per loro, quando escono dal torpore (indotto dal nostro modello sociale) per rivendicare il proprio concreto diritto a vivere sereni in un pianeta vivibile?
Non c’è alternativa
«Non esiste un pianeta B», dice un cartello esibito in Belgio da un bimbo di otto anni. Ecco perché, dopo gli incendi che nella scorsa torrida estate hanno devastato i boschi californiani, tedeschi, greci, svedesi, italiani, i ragazzi australiani, belgi, svedesi, tedeschi, statunitensi manifestano a centinaia di migliaia.
Sono sempre state le vittime di un problema a cambiare la realtà: i neri sudafricani volevano la fine dell’apartheid perché erano loro a subirlo, e furono loro a lottare per cancellarlo. Nulla è concesso in regalo, e solo chi lotta raggiunge gli obiettivi. E a lottare è sempre chi subisce un’ingiustizia. I ragazzi che oggi si mobilitano sono consapevoli di subire la peggiore ingiustizia: quella di vedersi negata ogni speranza. Contro di loro, una strapotente minoranza di negazionisti: Bolsonaro, che vuole deforestare l’intera Amazzonia; Putin (che imputa il global warming al sole, e dice che in fondo lo scioglimento dei ghiacci è cosa buona e giusta, perché permetterà di sfruttare nuovi giacimenti minerari); Trump, che tratta i climatologi come cialtroneschi autori di bufale; l’Arabia Saudita, d’accordo con le multinazionali del petrolio. Minoranze che minacciano tutti per interessi propri.
Amarli è difenderli
Dobbiamo difendere i nostri figli e i nostri alunni, se sentiamo di amarli. Dobbiamo solidarizzare con loro, sostenerli, aiutarli. Il 15 marzo è l’occasione per farlo. Perché più che legittima è la loro voglia di giustizia, la loro ansia di futuro, la loro attiva e fattiva speranza.