Si chiamava Brandon Singh Rayat, 15enne di origine indiana di Humberstone, nel Regno Unito, è si è impiccato nella sua stanza: «Abbiamo chiesto aiuto a tutti, ma nessuno ci ha voluto ascoltare. Ora è troppo tardi, hanno lasciato che nostro figlio ci uccidesse». La mamma Mina, 44 anni, è disperata dopo i tanti appelli e le richieste d’aiuto cadute nel vuoto: suo figlio, infatti, da quasi un anno e mezzo era diventato vittima dei bulli che lo tormentavano ovunque, non solo a scuola. Prima gli insulti di ogni genere, poi le vessazioni fisiche fuori e dentro l’istituto che frequentava nel Leicestershire. A tal punto da provocare in lui attacchi di panico e tendenze suicide.
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La notizia, ripresa dal Mattino, è apparsa nei giornali inglesi: «L’ho detto agli insegnanti e ai vertici dell’istituto, segnalando anche i nomi dei suoi aguzzini. Ma non hanno fatto nulla». A quel punto, far cambiare scuola a Brandon era l’unica soluzione. Anche in questo caso, però, la lontananza fisica dai bulli della vecchia scuola non bastò per evitare il peggio. Uno degli adolescenti, infatti, aveva creato una pagina Facebook in cui lanciava minacce choc sia a Brandon, sia a Mina: «Vi ammazziamo, violenteremo tu e tua madre».
Il ragazzo, nel vortice dell’incubo, non usciva più di casa e veniva curato con gli psicofarmaci e la mamma aveva anche chiesto ai medici di disporre per lui un internamento in un centro di igiene mentale: «Ci hanno risposto che per lui sarebbe stato peggio, perché lontano da noi non si sarebbe sentito più amato». Già da tempo le tendenze suicide del ragazzo si erano manifestate: a luglio tentò di impiccarsi con una cinta, ci riuscì un mese dopo con una sciarpa, legata al lampadario della sua cameretta. Solo ora partirà un’inchiesta sulla morte, mentre la scuola di Brandon e gli psichiatri respingono ogni accusa.