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15enne spinge per gelosia il coetaneo sotto il treno: come si comporterà in classe?

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È cronaca di queste ore la spinta che un quindicenne ha dato a un suo coetaneo scaraventandolo sotto un treno alla stazione di Monza, col reale rischio di farlo morire sotto le rotaie: è stato infatti portato al pronto soccorso. 

Si è saputo che il motivo scatenante è stata una ragazza contesa e un messaggino “di troppo” inviato dalla vittima. In ogni caso, lui e il compare che lo spalleggiava sono stati accusati di tentato omicidio, mentre si è pure saputo che i due si erano portati appresso sorta di intera gang, scesa alla stazione per punire come si deve il coetaneo che si era permesso le avance alla ragazzina del sodale.

Ma al di là del fatto di cronaca, la riflessione corre pensando ai loro professori, a coloro  che hanno in classe alunni pronti a uccidere un loro coetaneo per una chat in più alla fidanzatina: che comportamenti avranno costoro coi loro docenti? E i loro insegnanti come si rapporteranno con ragazzi tanto feroci “non più abituati a pensare, che agiscono credendo di vivere in una canzone o in un film e che perdono il contatto con la realtà”, come dichiara il procuratore per i Minorenni?

Non è legittimo immaginare che se in classe costoro trovano docenti non all’altezza del loro compito sono anche pronti a sparare con la pistola ad aria compressa? E mentre qualcuno spara un altro filma col cellulare, per mostrare la bravata al mondo, la sfida al potere e dunque il conseguente ingresso “in un reality” per avere gli applausi e il momento di notorietà. 

Un sociologo si sbizzarrirebbe, perché farebbe riferimento alla subalternità in cui viene percepita la donna che diventa oggetto di contesa (come la cacciagione) e pure ai modelli violenti per risolvere le liti, pensando sempre al palcoscenico dei social. E su quale palcoscenico ancora più importante potrebbe esibirsi, se l’oggetto-vittima di quella bravata è una insegnante, femmina e che rappresenta pure il potere col suo registro, i suoi voti, le sue note, la possibilità di farti perdere un anno.

E da qui anche l’altra riflessione e cioè che Luciana Littizzetto, contesta dal ministro e da qualche altro politico, ha ragione quando affronta la questione del bullismo contro i professori: “Se tu sei debole, i ragazzi ne approfittano” e se non si sa gestire una classe “è meglio cambiare mestiere”.

Non c’è altra regola: quando il branco capisce che può approfittare si lascia andare; appena individua il punto debole colpisce. Chi non ha insegnato nelle scuole di frontiera non lo potrà capire, anche se i ragazzi del treno non pare che lo fossero come quegli altri della pistola a gommini.  

Ma questo anche perchè la scuola è organizzata in questo modo e frequentarla da parte dei ragazzi è una punizione e non un piacere.  Per cui il prof è spesso visto come un aguzzino piuttosto che come la guida sicura, il capocordata, il maestro. La sua capacità allora consiste a proporsi in tale guisa alla classe  

E in situazioni simili, ha ragione ancora una volta il filosofo  Umberto Galimberti quando dice: “Quanti di noi hanno studiato tantissimo alcune discipline grazie al fatto che avevano insegnanti affascinanti e quanti hanno studiato poco o niente perché detestavano alcuni altri professori? Perché la scuola funzioni, per prima cosa deve educare che significa riportare all’ordine emotivo e sentimentale”.

Ma poi dice anche un’altra cosa su cui questo portale ha impostato anche un sondaggio: “Gli insegnanti dovrebbero essere assunti con test della personalità per evitare che i docenti non in grado di insegnare e di appassionare rovinino in 40 anni di carriera intere generazioni di studenti.”

Allo stesso modo del pilota d‘aereo o del poliziotto: non si possono mandare i deboli di cuore a pilotare un jet né un artista a contrastare con la chitarra una gang di malfattori dotati di fucili. E insegnare è forse uno dei lavori più difficili e delicati.