Esce il volume “16 ottobre 1943. Storia di Emanuele che sfuggì al nazismo”, Mondadori, di Ernesto Anderle, Emanuele Di Porto e Marco Caviglia, e nel quale c’è pure la prefazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Si tratta di una graphic novel raccontata da Emanuele Di Porto, il ragazzo che sfuggì al rastrellamento del 16 ottobre 1943 organizzato dai nazifascisti nel ghetto di Roma.
Emanuele Di Porto, allora dodicenne, riuscì a sfuggire al rastrellamento grazie alla prontezza e al coraggio di sua madre che quella mattina allertata dai rumori in strada, prima avvertì il marito di non tornare a casa e poi, catturata insieme ad altre centinaia di persone venne caricata sui camion.
Anche Emanuele, che nel frattempo aveva raggiunto la madre, venne catturato e fatto salire sul camion ma la madre riuscì con coraggio a farlo scendere e lui, senza voltarsi, guadagnò la libertà correndo mi indietro”.
Oggi quella storia, raccolta dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma è diventata una graphic novel che uscirà in occasione degli 80 anni dal rastrellamento.
L’interesse del libro, oltre alla storia raccontata, sta pure, dicono gli autori, sulla descrizione, attraverso gli occhi di un adolescente, sulla città occupata che vive la persecuzione sulla sua pelle. Emanuele è il bambino dei tram perché dopo essere sceso dal camion è salito su un tram a Monte Savello dove è rimasto due giorni interi, accudito dai tranvieri.
Il comune di Roma in questi giorni ricorda la storia di Emanuele con degli adesivi su alcune linee bus che raffigurano proprio un bambino affacciato ai finestrini. Solo dopo tre giorni, un addetto lo riconobbe e lo portò da suo padre che si era rifugiato a Borgo Pio, da un cugino.
“In quella mattina di ottobre quando hanno preso mia madre hanno portato via più di mille ebrei di Roma e ne sono tornati in 16. Quando è finita la guerra, ognuno di noi aspettava notizie dei famigliari scomparsi quella mattina. L’unica donna a tornare, Settimia Spizzichino, che era stata presa proprio insieme a mia madre ci disse che fu destinata subito alle camere a gas”: uno dei tanti ricordi di Emanuele che oggi racconta ai ragazzi delle scuole, lanciando loro un appello “la vita mi ha insegnato a non arrendermi mai davanti alle difficoltà per quanto esse possano sembrare insuperabili”.
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