La scelta del 17 novembre è dovuta al fatto che 71 anni fa le proteste dei giovani cecoslovacchi che si opponevano alla guerra furono massacrati dai nazisti e stessa sorta subirono nel 1973, sempre il 17 novembre, gli studenti greci.
Oggi, scrivono gli studenti, in oltre 50 comuni italiani, ben cento cortei di studenti sfilano per il diritto allo studio: da Torino a Palermo.
Ecco l’appello italiano della Giornata Internazionale degli Studenti
Agli studenti e alle studentesse
Ai lavoratori e alle lavoratrici
Alla società civile tutta
Il 17 Novembre del 1939 gli occupanti nazisti uccisero 9 studenti all’Università di Praga e i loro insegnanti. Il 17 Novembre del 1973 un carro armato abbatté il politecnico di Atene per reprimere la rivolta studentesca contro la dittatura militare. Il 17 Novembre 1989 in Cecoslovacchia la commemorazione del ’39 divenne l’inizio della rivolta contro il regime.
Il futuro della nostra generazione non è mai stato così precario. Dopo aver salvato le banche con ingenti investimenti di denaro pubblico, i Governi hanno ricominciato con la spensierata politica di deregulation e privatizzazioni che aveva generato il disastro, sottovalutando l’emergenza sociale generata dalla crisi e dall’esaurimento delle risorse energetiche. L’auspicabile inversione di tendenza basata su una libera conoscenza, su un rinnovato ruolo del pubblico in economia e sulla sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo non è mai avvenuta.
La crisi economica, al contempo, si è trasformata in alibi per nascondere il degrado sociale, politico e culturale del nostro paese, ha accelerato lo smantellamento dei servizi sociali e del sistema formativo in atto ormai da 30 anni. Quelle in cui passiamo le nostre giornate sono ormai non-scuole e non-università, svuotate di contenuti, servizi e diritti, e di cui si è smarrito non solo il funzionamento ma anche e soprattutto la funzione, la missione culturale, civile e sociale. Dietro la retorica della meritocrazia e dell’efficienza si nasconde un drammatico gioco di potere sulle spalle della nostra generazione.
I tagli alla scuola, l’università e la ricerca pubblica non sono solo correttivi di bilancio, sono un taglio al nostro futuro, sono un taglio al futuro del nostro paese. Non serve fare l’elenco di tutti i provvedimenti che hanno portato a questo disastro, siamo convinti che sia sotto gli occhi di tutti/e la progressiva condizione di dismissione in cui versano i luoghi della formazione. Una società più ignorante è una società meno libera, dove le coscienze sono ostaggio del pensiero dominante, dove le nostre vite hanno un valore solo perchè consumiamo ciò che il mercato ci impone. Questa è la logica che sta sedimentando nei nostri territori sempre più discriminazione, intolleranza, esclusione e ingiustizia sociale.
Sin dalle grandi manifestazioni dell’Onda del 2008 ci mobilitiamo per denunciare il disinteresse della politica per lo sfascio in cui versano scuole e università, nonostante il permanente stato di agitazione di migliaia di studenti e studentesse il Governo ha deciso di proseguire su una strada miope. Il nostro non è più un paese democratico, alle istanze che hanno riempito le piazze ha corrisposto una reazione che oggi si dimostra essere più feroce delle più tristi previsioni. Le sofferenze delle nuove generazioni, l’incertezza per il futuro, la condanna alla precarietà non sono più una questione pubblica, la politica verso questi temi è vuota di senso, distante, autoreferenziale, impegnata troppo spesso a difendere le proprie rendite di posizione.
Sarebbe infantile, oggi, illudersi che sia sufficiente difendere i luoghi della formazione così come li conosciamo, non vogliamo costruire “scuole e università d’oro in un mondo di merda”. Noi esigiamo un reale cambiamento ma allo stesso tempo siamo convinti che sia arrivato il momento di praticare l’alternativa nei luoghi reali in cui la nostra società si compone. Non possiamo più delegare all’attuale classe politica un così arduo compito, è arrivato il momento per ognuno di noi di fare la nostra parte.
Ciò che è rimasto di scuola e università è la loro natura di luoghi collettivi, in grado nonostante tutto di offrire la possibilità di un’esperienza quotidiana condivisa a milioni di persone; proprio nei luoghi della formazione siamo convinti si possa sperimentare e condividere quelle pratiche di comunità, solidarietà e mutualismo che si contrappongono in maniera radicale alla frammentazione e alla competizione che la precarietà ci impone. Questa opportunità, resa manifesta dalle mobilitazioni di queste settimane, unita alla debolezza del Governo costretto a rinviare il ddl Gelmini, va colta senza esitazioni. In queste settimane siamo attivamente impegnati nel percorso di costruzione di un’AltraRiforma delle scuole e dell’università, un percorso partecipato teso alla costruzione di un vero cambiamento che parta da chi questi luoghi li vive quotidianamente.
Ma questo lavoro, perché abbia senso, dev’essere un tassello di un percorso più ampio. Abbiamo partecipato in massa alla manifestazione del 16 ottobre indetta dagli operai della Fiom perchè siamo convinti della necessità di rilanciare una grande battaglia generale di trasformazione di un’Italia ridotta in frantumi. Vogliamo rispondere all’attacco ai nostri diritti che vede nel collegato lavoro, approvato poche settimane fa, solo l’ultima rappresentazione legislativa. Vogliamo che ci vengano restituiti i fondi per il diritto allo studio, furto perpetrato negli anni dalle ultime finanziarie, ma non solo. Vogliamo contrapporre alla guerra tra poveri un nuovo vissuto di solidarietà e cooperazione. Vogliamo che la battaglia in difesa del sapere intraprenda una strada nuova: quello della Ripubblicizzazione.
Così come l’acqua e il lavoro anche la conoscenza è vittima dello sfruttamento del mercato. Per questo la nostra idea di ripubblicizzazione passa attraverso un reale protagonismo dei cittadini a tutti i livelli decisionali. Solo così si può parlare di vera democrazia e di liberazione dei beni comuni. Vogliamo essere protagonisti del nostro tempo, liberi dai condizionamenti sociali e familiari, perciò rivendichiamo un nuovo welfare universale che ci liberi dalla precarietà e dalla schiavitù, un reddito di formazione e di cittadinanza che tramite servizi pubblici e forme di sostegno, ci sappia garantire l’autonomia che meritiamo nelle nostre scelte e nella determinazione dei nostri percorsi di vita. Chiediamo di entrare davvero in Europa. Con i nostri fratelli e coetanei francesi, che proprio in questi giorni si stanno mobilitando, più che la moneta unica condividiamo proprio l’incertezza per il nostro futuro messo a rischio dalle politiche neoliberiste e reazionarie dei governi del mondo, incapaci di dare una risposta reale alla crisi da loro provocata.
Scendiamo in piazza il 17 Novembre, in Italia come in tutto il mondo, perchè siamo convinti che la conoscenza sia uno straordinario strumento di liberazione di tutti e tutte. Scendiamo in piazza perchè crediamo che puntare su una scuola, un’università e una ricerca pubblica significhi riconoscerne lo straordinario valore sociale, l’unica possibilità per immaginare un’uscita da tutte le crisi tesa al miglioramento delle condizioni di vita di ognuno. Scendiamo in piazza, e chiediamo a tutti i cittadini di fare lo stesso, perchè questa non può essere solo la nostra battaglia ma al contrario, è la battaglia di chi crede che un’alternativa all’Italia del declino sia possibile anzi necessaria.
Scendiamo in piazza il 17 Novembre, in occasione della giornata internazionale degli studenti e delle studentesse, non a caso. Negli anni questa è diventata una data simbolo di studenti e studentesse che hanno pagato la vita per esprimere la propria indignazione contro ogni forma di oppressione e autoritarismo. Noi ci sentiamo interpreti di questo spirito che vive in noi.
In Italia scendiamo in piazza il 17 Novembre per lanciare una nuova e pacifica battaglia di liberazione, la nostra.
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