Il 1943 è l’anno più drammatico e fra i più difficili da interpretare nella storia d’Italia: lo sostiene Luca Baldissara, storico dell’Università di Bologna, nel suo ultimo saggio “Italia 1943. La guerra continua”, Il Mulino, 32 Euro.
Oltre a essere l’anno dello sbarco in Sicilia, a seguito della cosiddetta “operazione Husky”, è l’anno in cui i gerarchi fascisti, Mussolini compreso, capiscono che la guerra è per lo più perduta, dopo le disfatte in Nord Africa e il conseguente massiccio bombardamento delle città italiane per costringere gli abitanti a premere per la resa. Contestualmente, nei primi di gennaio, gli alleati preparano lo sbarco a Pantelleria, come testa di ponte per l’ulteriore salto in Sicilia che avverrà, come è noto, a luglio.
Nei primi mesi del 1943 dunque le incursioni aeree sono continue e non danno tregua sia per demoralizzare gli abitanti e sia per preparare lo sbarco, colpendo ponti e infrastrutture. In ogni caso, durante il solo mese di maggio Catania subirà 45 incursioni, Palermo 43, Messina 32: la popolazione, scrivono i funzionari fascisti nei loro bollettini, è terrorizzata. Ma ci sono anche gli altri fronti che iniziano a mostrare crepe, come il fronte russo, l’inattesa resistenza di Stalingrado, mentre più evidente si fa l’insofferenza di Hitler nei confronti di Mussolini e dei gerarchi verso il duce che in qualche modo rintuzza l’opposizione, fino alle dimissioni dei fedelissimi come Grandi e Ciano.
Anno cruciale, dopo lo sbarco il Sicilia degli alleati, si chiarisce definitivamente, nonostante casi isolati di resistenza, la vulnerabilità del nostro esercito, sempre più sotto l’egida tedesca, fino all’8 settembre. In ogni caso è proprio dal “43 l’inizio della fine del fascismo e la nascita della Repubblica con la lotta della Resistenza. Il libro, ricco di documenti e di richiami storici importanti, ricostruisce le tappe della crisi di regime e dell’implosione dello Stato, indagando il lento organizzarsi dell’antifascismo e restituendo la varietà delle esperienze di guerra degli italiani.
Andare a quell’anno è anche un modo, sottolinea l’autore, per comprendere appieno la storia dell’Italia contemporanea, quanto abbia influito la consapevolezza dei pericoli che un regime senza controllo democratico può portare. Ma fu pure l’anno in cui i cittadini, difronte al crollo dello Stato, furono obbligati a mettersi in gioco e a scegliere il campo.