Alla fine dell’anno 8 d.C., l’imperatore Augusto impone l’esilio al celebre poeta della sua corte, Publio Ovidio Nasone, uno dei più richiesti protagonisti dei salotti letterari del tempo.
Cinquantenne, nato a Sulmona, scrittore di successo, abile nel versificare, colto, simpatico, certamente pettegolo e libertino, amato dalle donne, anche perché sa insegnare l’arte della seduzione, la Roma morale del successore di Cesare non lo gradisce. E viene esiliato.
Il decreto lo relegava ai confini del mondo di allora, a Tomi, l’attuale Costanza, in Romania sul Mar Nero, dove ancora oggi c’è un monumento al poeta.
Ebbene, dopo ben oltre duemila anni, la città di Roma, che lo vide umiliato sulla strada dell’espatrio, riabilita il grande poeta, rievocando ufficialmente la “relegatio” decisa dall’imperatore Augusto.
L’Assemblea Capitolina ha approvato infatti all’unanimità la mozione, proposta dalla maggioranza Cinquestelle, per “riparare al grave torto subito” dall’autore delle Metamorfosi e pure dei Tristia, una cinquantina di elegie che sono suppliche per il suo ritorno a Roma. Ma morirà in esilio e le sue richieste di rivedere Roma resteranno lettera morta.
Il documento, approvato dentro l’Aula Giulio Cesare, di nuovi governatori di Roma, dice che la mozione rappresenta “idealmente la continuità storica del Senato e del Popolo di Roma” e pertanto si ritiene essere titolata ad esprimersi. La mozione, votata proprio nell’anno in cui si celebra il bimillenario della morte del “cantore dell’amore”, ha avuto una lunghissima gestazione e trae origine da due processi voluti dalla sua città natale, a Sulmona.
“In entrambi i giudizi – si legge nel documento votato in Assemblea – Ovidio è stato assolto dai capi di imputazione a lui contestati. L’ultima sentenza di assoluzione è stata recepita all’unanimità dal consiglio comunale di Sulmona che nel 2012 l’ha trasmessa all’Assemblea Capitolina di Roma affinché venisse recepita e ne fosse data attuazione”.
Il primo processo, nel dicembre del 1967, si svolse davanti ad una corte di insigni latinisti, mentre l’appello, del 2011, venne celebrato di fronte a qualificati giuristi.
Nella mozione firmata dal M5S, viene ricordato anche un “illustre precedente”, quello relativo a Dante Alighieri: “Su richiesta del M5S il Comune di Firenze ha riabilitato ufficialmente Dante Alighieri quando ricorrevano i 750 anni dalla sua nascita con la revoca dell’esilio e l’annullamento della sentenza del 27 gennaio 1302 che”, in piena guerra guelfi-ghibellini, condannò il poeta e tre suoi compagni” tra le altre cose “al bando dalla Toscana per due anni e all’iscrizione dei loro nomi nei registri comunali come falsari”.
Così, dopo una lunga trafila, Publio Ovidio Nasone nato a Sulmona nel 43 a.C. ed esiliato a Tomi nell’8 d.c., ha ottenuto giustizia, seppur tardiva.
La decisione è arrivata in quanto la relegatio “in base al diritto romano, andava comminata a seguito di un pubblico processo e doveva essere ratificata dal Senato mentre l’imperatore Augusto stabilì tutto da solo senza rispettare le regole”.
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