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2009-2019. Addio al cartaceo. La Tecnica della Scuola va avanti negli anni della crisi

Il nuovo formato della Tecnica, inaugurato per i sessant’anni del quindicinale, riscontra il consenso dei lettori e inaugura una nuova stagione nel solco della tradizione. La Tecnica continua il suo cammino.

Nel 2012 la rivista è sfogliabile anche da computer, smartphone e tablet, per accontentare anche i lettori che preferiscono il digitale al cartaceo. Inoltre, nell’annata 2013/2014, che corrisponde alla XX della rivista “ScuolaInsieme”, quest’ultima si integra con il quindicinale, proponendone all’interno quattro dossier tematici di grande interesse.

E arriviamo al 2014, quando La Tecnica della Scuola compie 65 anni, 65 anni di storia che hanno visto la trasformazione della scuola, ma anche quella dei mezzi di comunicazione.

Ed è proprio il 1° settembre che la rivista cessa la pubblicazione cartacea per rivolgersi ai suoi lettori esclusivamente su internet.

Alla carta stampata, prima lentamente, ma nell’ultimo decennio prepotentemente, si è, infatti, sostituito il web, capace di dare in tempo reale e continuamente le notizie che servono ai lettori. Questo La Tecnica della Scuola l’aveva intuito quando antesignana aveva inaugurato il sito del giornale nell’ormai lontano 1998. Il portale www.tecnicadellascuola.it era stato inaugurato nella ricorrenza dei 50 anni del quindicinale. In oltre cinquant’anni di attività la testata era riuscita a conquistare la fiducia dei lettori diventando un punto di riferimento ed uno strumento di lavoro imprescindibile, ma era diventato necessario affiancare allo storico quindicinale anche un portale web che contenesse in tempo reale tutte le informazioni che riguardassero l’universo scolastico.

All’inizio del 2016, intanto, La Tecnica della Scuola cambia la direzione: il direttore Daniela Girgenti lascia il posto ad Alessandro Giuliani, affiancato da Reginaldo Palermo come vice-direttore. Entrambi collaboratori da oltre dieci anni del quindicinale e del portale si sono sempre distinti per professionalità, precisione e correttezza.

Il 13 gennaio 2018, muore all’età di 96 anni, Maria Sardella, moglie di Venero Girgenti. Aveva trascorso la maggior parte della sua carriera di insegnante di scuola elementare in scuole di “frontiera” nei sobborghi catanesi impegnandosi attivamente nei confronti dei ragazzi più bisognosi. Ha coadiuvato il marito, sin dal 1962, anno in cui egli aveva assunto la direzione e proprietà del giornale, sino al 1998, anno in cui il Girgenti si spense. Continuò, comunque, ad occuparsi della testata, come amministratore unico sino alla sua morte.

Nella scuola italiana, nell’arco di poco più di due anni si avvicendano tre Ministri, in considerazione dei continui cambi di Governo. Francesco Profumo, espressione di un Esecutivo tecnico, rimarrà famoso soprattutto per aver bandito, a distanza di tanti anni, un nuovo concorso a cattedre.

Intercettando le esigenze formative dei candidati, “La Tecnica della Scuola” organizza dei corsi di preparazione relativamente ad alcune classi di concorso. Le attività formative diventano un nuovo campo di interesse per la Casa editrice che dal 2012 diventa ente di formazione riconosciuta dal Miur.

Nel 2011, il “governo” della scuola viene assunto dal ministro Francesco Profumo che, alla luce anche delle osservazioni espresse da scuole e associazioni sul documento di indirizzo, porta a termine il lungo e complesso percorso delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola di base il cui testo definitivo venne finalmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio 2013.

Tali indicazioni forniscono alla scuola primaria e alla secondaria di primo grado gli obiettivi e i traguardi che gli studenti devono raggiungere in termini di competenze e conoscenze.

Ma Profumo verrà ricordato anche per il tentativo di aumentare il numero settimanale delle ore di servizio in aula dei docenti a parità di stipendio.

Il successivo Ministro, Maria Chiara Carrozza, vuole impegnarsi affinché si fermi la stagione dei tagli e la scuola ritorni al centro dell’interesse del Governo, mostrando propensione al dialogo (lancia l’idea della “Costituente per la scuola” attraverso il confronto) e grande attenzione per l’edilizia scolastica. Presenta anche il decreto “L’istruzione riparte”, ma il Ministro deve fare i conti con finanziamenti comunque insufficienti.

Alla Carrozza, nel febbraio del 2014, sotto il Governo Renzi sulla poltrona del Miur succede Stefania Giannini, che subito fra le priorità colloca la valutazione dei docenti, parlando di premi per i più meritevoli e di sanzioni, qualora non si garantisca un minimo di qualità.

L’anno successivo, il 2015, è quello della riforma Renzi, approvata però tra le contestazioni generali. L’apice della protesta si compie il 5 maggio, quando il “popolo” della scuola si compatta: docenti e Ata aderiscono in massa allo sciopero generale, che raggiunge circa l’80% di consensi, ed in moltissimi si riversano nelle piazze, soprattutto a Roma, dove sfilano in 700mila.

Il Governo, a maggioranza schiacciante Pd, però, non ne vuole sapere: i primi di luglio riesce agevolmente a far approvare le nuove norme in Parlamento e a metà mese la legge 107 (denominata Buona Scuola) approda in Gazzetta Ufficiale.

Tra le novità più importanti, ci sono oltre 100mila assunzioni di precari, poi ridotte a 80mila per mancanza di aspiranti in svariate graduatorie, i “premi” annuali ai docenti più meritevoli, individuati dal dirigente scolastico, il bonus di aggiornamento annuale da 500 euro per tutti gli insegnanti di ruolo, maggiori poteri ai dirigenti scolastici, a cui spetta anche attuare la cosiddetta “chiamata diretta”, la carta dello studente, la maggiorazione delle ore di alternanza scuola-lavoro.

Ben presto, tuttavia, diversi punti della riforma Renzi cominciano a “scricchiolare”, a cominciare dalle modalità di gestione del piano straordinario di assunzioni: circa 9mila immissioni in ruolo si realizzano costringendo i precari, quasi tutti del Sud, a spostarsi di centinaia di chilometri; ad alimentare le polemiche è l’ultima fase delle assunzioni del 2016, con i supplenti più giovani che trovano invece spazio nelle loro province perché abbinati sui posti del “potenziamento”, altra creazione della Buona Scuola.

A fine 2016, c’è anche la riforma della scuola tra i motivi che portano all’avvicendamento del premier, Paolo Gentiloni per Matteo Renzi, e del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli per Stefania Giannini: il Governo, però, non cambia linea e, prima della fine della legislatura, il Parlamento approva quasi tutti i decreti legislativi attuativi della legge 107/15, tra cui il reclutamento, la valutazione di studenti e lavoratori, gli Esami di Stato, la revisione delle regole di gestione del sostegno agli alunni disabili.

Nell’estate del 2018 si volta pagina: al Governo vanno il Movimento 5 Stelle e la Lega. A Viale Trastevere arriva un uomo di scuola lombardo: il dirigente Miur Marco Bussetti.

In poco più di un anno, il nuovo titolare del Miur mette mano ad alcuni “pezzi portanti” della L. 107/15, andando a far cancellare la chiamata diretta, dimezzando l’alternanza scuola-lavoro, depotenziando i test Invalsi.

Nel marzo 2019 viene anche rivisto l’esame di maturità appena modificato, con l’introduzione di prove scritte più trasversali e l’esame orale legato al sorteggio di buste contenenti gli argomenti prescelti dalla commissione sulla base del Documento del 15 maggio.

Intanto, all’inizio dell’anno la regionalizzazione dell’istruzione diventa l’argomento dirompente: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna avanzano con forza delle proposte per gestire in autonomia diversi servizi pubblici, tra cui quello scolastico.

Il Governo dopo un primo assenso, mette in stand by la materia per esplicita opposizione del M5S e del premier Giuseppe Conte.

Redazione

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