Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni per l’Istruzione pubblica? È difficile prevederlo. Possiamo comunque immaginare degli istituti scolastici dotati di sempre maggiore autonomia, con organi collegiali probabilmente diversi da quelli attuali, derivanti dai decreti delegati degli anni Settanta, con la possibilità di incidere maggiormente sia sull’organizzazione scolastica, sia sul tipo di offerta formativa.
Tra le possibili novità è plausibile pensare a delle forme di meritocrazia lavorativa diverse delle attuali, considerando che il bonus merito introdotto con la Legge 107/15 si è man mano “sgonfiato” e allargato ad un numero maggiore di docenti.
Parallelamente, potrebbero trasformarsi in legge i vari progetti sulla valutazione del personale, soprattutto se dovessero concretizzarsi quelle progressioni di carriera di cui si parla invano da decenni.
È possibile anche che si proceda verso una revisione dell’obbligo formativo, posticipato a completamento della scuola superiore, ma con la possibilità anche che il percorso si concluda un anno prima.
È auspicabile, che le scuole, gli oltre 40mila plessi sparsi per il territorio nazionale, diventino dei luoghi sicuri, con tutte le certificazioni sulla sicurezza in regola, a cominciare da quelle sulle garanzie anti-sismiche delle strutture. Ma che siano anche dotati di aule e attrezzature adeguate. Ad iniziare dagli strumenti informatici e tecnologici avanzati, ormai indispensabili per permettere un apprendimento di qualità e orientato al mondo del lavoro. A questo proposito, sarebbe bene, migliorare le forme di contatto con le aziende, attraverso degli stage sempre più formativi e proficui per lo sviluppo dei giovani che li frequentano.
Sarebbe infine importante che gli attuali disegni di legge del M5S sulla cancellazione delle classi pollaio, composte anche da più di 30 alunni, e l’allargamento del tempo pieno a tutti gli istituti primari, si tramutino in legge dello Stato, anche perché supportati dai corposi finanziamenti pubblici di cui necessitano, considerata l’incidenza diretta su organici da maggiorare e strutture da adeguare.
Quale sarà il futuro, invece, della Tecnica della Scuola? Non è facile rispondere nemmeno a questa domanda, perché i cambiamenti della comunicazione moderna sono repentini e inaspettati.
Possiamo comunque realizzare delle previsioni pregne di una certa attendibilità, sulla base delle tendenze in atto e dei mutamenti cui abbiamo assistito negli ultimi anni: il canale sarà certamente quello delle reti internet, i contenuti saranno ancora più multimediali, mentre i “lettori” diventeranno sempre più esigenti.
Già oggi, internet è di gran lunga lo strumento principe per far viaggiare tutti i tipi di comunicazione, social compresi: l’uso smodato degli smartphone, del resto, ci conferma che la strada è stata abbondantemente tracciata.
In questo quadro tendenziale, con le fake news sempre più dietro l’angolo, La Tecnica della Scuola continuerà comunque a tenere saldi i principi che regolano la gestione della comunicazione giornalistica: la verifica delle fonti, la scelta di quelle più utili e adeguate al tipo di target a cui è indirizzata la rivista, la proposizione delle notizie in modo chiaro ed esauriente.
Tutte prerogative attuabili in presenza di comunicatori affidabili, conoscitori della materia e delle tecniche di comunicazione moderna. Tecniche che, per forza di cose, devono tenere conto dell’interazione ancora più spinta con i “lettori”: il rapporto diretto diventerà, questa è un’altra certezza, ancora più forte.
Con la redazione della rivista impegnata non solo ad informare, a rispondere ai tanti quesiti specifici utili a districarsi dall’eccesso di burocrazia che la scuola non riesce a schiodarsi di dosso. Ma anche sempre più orientata a replicare e a mediare il rapporto con un “pubblico” esigente, pronto a cambiare strada in pochi secondi e con un solo clic.
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