Categorie: Didattica

25 aprile: ‘Bella Ciao’ a scuola

Una docente scrive una lettera a Repubblica denunciando che nella sua scuola le famiglie hanno contestato l’iniziativa di far cantare “Bella Ciao” all’interno di uno spettacolo sulla Costituzione.

 “Insegno in una scuola primaria, stiamo allestendo uno spettacolo sulla Costituzione, ripercorrendo la storia d’Italia. Le famiglie hanno contestato la presenza di “Bella Ciao”, sostenendo che è un canto “rosso” e che, per par condicio, avremmo dovuto inserire anche “Faccetta nera”.

Un episodio grave che mette in luce l’ignoranza in questo nostro Paese e che dovrebbe pure far riflettere.

Il Fatto Quotidiano esamina l’accaduto  partendo dalle origine stesse della canzone che non sono solo partigiane: “Nell’agosto del 1962 – scrive Pestelli – a Gualtieri Roberto Leydi e Gianni Bosio intervistano l’ex mondina Giovanna Daffini che intona un canto che ha la stessa melodia di “Bella ciao” ma, a sorpresa, il testo non tratta di invasori, bensì della durezza del lavoro delle mondariso, e dichiara d’averla imparata negli anni Trenta, in risaia”.

 

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Questa canzone non è solo dei partigiani ma fa parte del nostro patrimonio culturale. Certo l’hanno cantata anche i partigiani ma è una canzone che va oltre i colori. Una canzone che è andata oltre i nostri confini.

In questi giorni, si legge su Il Fatto,  Mattia Feltri sulla Stampa ha aperto un interessante dibattito commentando l’incontro tra la ministra Valeria Fedeli e Bernard Dika, il presidente del Parlamento degli studenti di Toscana che chiedeva una modifica dei programmi inserendo più attualità. Richiesta accolta dalla Fedeli.

 La scuola non informa, istruisce: “Nel primo anno di scuola superiore il programma di storia prevede lo studio delle scimmie dall’homo habilis fino a Lucy, poi con il passare degli anni si passa agli Assiri, Sumeri e Babilonesi, all’antica Grecia, poi l’antica Roma, già fatte alle elementari e alle medie, intanto gli anni passano, arrivi in quinto superiore a dover fare l’unità d’Italia che non si è riuscita a finire in tempo l’anno precedente, prima e seconda Guerra Mondiali, la Russia, i vari totalitarismi; verso maggio quando già un maturando ha l’acqua alla gola facciamo un po’ di costituzione italiana, i punti che un cittadino italiano dovrebbe sapere come i punti della propria carta d’identità; arriviamo a giugno, si arrancano le ultime nozioni per ampliare un po’ il programma da presentare alla commissione e il gioco è fatto”.

E allora certo i Babilonesi e i Sumeri sono necessari così come gli Assiri, i Greci. Ci permettono di comprendere la storia d’oggi, persino l’arte, il perché abbiamo un alfabeto fatto in questo modo e altro ancora ma non possiamo pensare di voltare le spalle al 25 aprile perché vanno fatto i Sumeri, di non cantare “Bella ciao” in classe perché non è nel programma. Molti, troppi, insegnano travasando contenuti che vengono poi vomitati e dimenticati senza mai guardare sul calendario che giorno è.

In questo Paese, continua Il Fatto,  c’è un’urgenza: comprendere che la scuola forma dei cittadini e lo fa istruendo, segnando loro le strade (insegnare) ma anche informando.

Pasquale Almirante

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