È ancora una data fondamentale per l’Italia di oggi la data del 25 aprile? Lo è sicuramente e lo è ancora di più per la scuola e per il suo mestiere educativo, di indicare ai ragazzi la via della libertà e della ragione, della democrazia e della cittadinanza.
Eppure, ci sono ancora ambiti dentro i quali questa data divide e delegittima, con azioni che in qualche modo tendono a farne una ricorrenza da non celebrare e da non rispettare come se l’occupazione nazifascista dell’Italia non fosse stata quella che è invece fu, con le sue stragi, le devastazioni, gli eccidi, le barbarie perpetrati insieme coi manipoli fascisti e i gruppi della famigerata Muti.
“25 aprile. La storia politica e civile di un giorno lungo ottant’anni”, recita il titolo di un libro (edito dal Mulino e scritto da Luca Baldissara, docente di Storia contemporanea al Dipartimento di Filosofia e Comunicazione all’Università di Bologna- 15,00 euro), che fuori da qualunque retorica, dunque da leggere e commentare a scuola da parte dei docenti di storia e di educazione alla cittadinanza, e in modo sintetico, ma nello stesso tempo completo e ragionato, spiega come, quando, con quale legge e perché si celebra in Italia questa fatidica data, sottolineata come festa nazionale e stabilita per unire la Nazione, mentre talvolta ha invece lacerato e diviso, come ancora oggi in qualche modo continua a fare.
Una data simbolica, come dicono molti storici, per ricordare che proprio il 25 aprile 1945 Milano, dove operava il maggiore organo di governo clandestino della Resistenza, Il Comitato di liberazione Alta Italia, veniva liberata dalle formazioni partigiane lombarde.
Celebrata fin dal 1946 con un provvedimento ad hoc, nel 1949 fu istituita come festa nazionale permanente, nonostante la data si possa spalmare nell‘arco di più giorni, a partire dal 21 aprile con la liberazione di Bologna, controllata dai partigiani fino all‘arrivo degli Alleati; seguita poi dalla liberazione di Modena, Reggio Emilia, La Spezia, Genova, Asti, Savona. E poi, dal 26 aprile da Parma, Novara, Vercelli e così via.
Dunque, un 25 aprile composto di diversi 25 aprile, tenendo tuttavia sempre presente che già due terzi della penisola erano stati liberati ancora prima di quella data fatidica dalle truppe alleate sbarcate in Sicilia nel luglio del 1943, per cui il ricordo collettivo e unitario della Liberazione si offusca, fratturando la memoria pubblica e unanimemente avvertita.
In ogni caso fu grazie al sacrificio dei partigiani, al loro supporto strategico negli eventi bellici che spianarono la strada agli alleati e fu dunque grazie alla “Resistenza contro il nazifascismo che l’immagine dell’Italia si risollevò, recuperando prestigio, tanto che -come ha sottolineato il presidente Sergio Mattarella –Alcide De Gasperi poté presentarsi a testa alta alla Conferenza di pace di Parigi. Questo riscatto, il sangue versato, questo ritrovato onore nazionale lo celebriamo il 25 aprile”.
Ma nel libro che segnaliamo, è percorso pure lo svolgersi e il susseguirsi degli eventi politici susseguenti dopo il 25 aprile, le varie contraddizioni, gli ammiccamenti, le blandizie, gli odi e i dissidi, perfino dei vari governi, che hanno spesso disseminato questa data, il 25 aprile e la Resistenza, non come movimento di popolo contro il nazifascismo.
Infatti, e ancora oggi lo si avverte, la giornata della Liberazione non è mai stata pienamente condivisa da tutti gli italiani e soprattutto subito dopo lo sfacelo della cosiddetta Prima repubblica e lo smantellamento di quei partiti che avevano, chi più chi meno, partecipato alla lotta partigiana. E da cui fra l’altro era nata la Costituzione e la Repubblica.
Anche nel periodo più duro del conflitto politico infatti, le forze dell’Arco Costituzionale avevano trovavano, nel comune antifascismo, la loro identità e autenticità politica e ideale. Nelle ricorrenza di quel giorno tutti i partiti, ad eccezione della sparuta frangia di destra, si trovavano uniti a commemorare quel giorno, anche perché da quel giorno essi nacquero in democrazia e libertà.
Con la implosione dei partiti storici, negli anni Novanta, e la relativa e reciproca delegittimazione, la ricorrenza sembrò svuotata dei suoi carismi ideali, si persero i punti di riferimento dell’antifascismo e dunque di quella ricorrenza, come significativamente ricordava Emilio Lussu: erano rimasti “gli abiti repubblicani ma la biancheria era ancora fascista”.
E questo mentre veniva richiamata la genialità furba di Berlusconi, che solo negli ultimi anni prese parte alle celebrazioni del 25 aprile e a cui anche questo governo si ispira, richiamando il discorso di Onna nel 2009, nel corso del quale disse di fare del 25 aprile non più la festa della Liberazione dal nazifascismo ma la “festa della libertà” che è, oggettivamente, altra cosa.
E ci piace concludere questa breve riflessione sul 25 aprile, festa della Liberazione, con la poesia di Gianni Rodari:
La madre del partigiano
Sulla neve bianca bianca
c’è una macchia color vermiglio;
è il sangue, il sangue di mio figlio,
morto per la libertà.
Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà.
Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case,
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.
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