Fra due giorni è il 25 aprile, festa di Liberazione. Alcune riflessioni mi sono nate spontanee. Non so se la memoria se ne stia andando.
Ma vedere, negli ultimi anni, le manifestazioni del 25 aprile sempre meno partecipate, fa capire che 75 anni, cioè tre generazioni, sono tanti per mantenere viva una storia che ha segnato profondamente la nascita dell’Italia di oggi.
Forse è colpa della distanza, del numero sempre più ridotto dei testimoni di allora, delle tante disillusioni, di uno studio superficiale, e non ancora condiviso, di quegli anni tragici, fatto sta che, per chi ci tiene a dare un senso alla vita che stiamo vivendo, quella data rimane imprescindibile.
Magari una data liberata da certe retoriche, ma imprescindibile.
Perché indica l’uscita da un incubo, fatto di guerra e di morte, di fame e di disperazione, fatta di un nulla che nemmeno siamo in grado, oggi, di immaginare.
Del resto, che cosa ci sta insegnando questo virus piccolo-piccolo che ha scombinato le certezze di tutti, ma proprio tutti?
Che solo quando siamo nel pieno delle difficoltà ci rendiamo conto di quanto prezioso siano le buone cose che abbiamo sotto gli occhi, e che non vediamo, tutti i giorni.
Dunque, il 25 aprile non può essere ridotto ad anniversario per pochi sopravvissuti, perché in vita o perché abbarbicati ancora alle vecchie ideologie che si sono servite di quella Liberazione.
Che possa essere, invece, l’occasione per costringere tutti, ora che stiamo riscoprendo, sempre grazie a quell’esserino piccolo-piccolo, che niente vi è di scontato nella vita; costringere tutti, dicevo, a leggere per quella che effettivamente è stata quella stagione drammatica. Fatta non di una sola, ma di tante resistenze, armate e non armate, dirette ed indirette.
Sperando che questo far memoria diventi, per ciascuno, una lezione di storia viva, da ripensare e conoscere a fondo, perché è quella che ci consente anche oggi, nonostante tutte le difficoltà, di godere di un periodo di pace che mai nella storia si ricorda.
All’interno di una cornice europea che dovrà, volenti o nolenti, per non diventare facile preda dei nuovi padroni del mondo, costituirsi come destino comune.
Una Festa di Liberazione, dunque, per ieri, ma soprattutto per il nostro domani.
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