Categorie: Estero

25 dicembre 2014

Mentre il potere s’aggrappa a se stesso, nascondendo la ferocia dei tagli liberisti dietro i toscanismi del quasi fiorentino neodemocristiano, mentre il fascismo più tetro e più squallido infittisce le schiere dell’altro Matteo, il neopinochettista razzista e ugualmente liberista, l’Italia si mostra modestamente l’eterno Paese collodiano in cui è facile acchiappar citrulli. Occorrerebbe alzar lo sguardo e osservar il mondo, cercare di capirlo.

Ma costa troppa fatica, soprattutto nel tempo della disperazione sociale delle masse.

Noi del SISA lo facciamo, almeno ci proviamo, cercando di annodare i fili di un dialogo internazionale che sia capace di domani, possibilmente ecocompatibile, perché non ci sono alternative al rispetto dell’ambiente.

Tuttavia restiamo in pochi a pensare solidale, cercando ragioni e possibilità per una salvezza per tutti e non solo per pochi, una possibilità esile eppure la sola che sia capace di giustizia e uguaglianza per ogni essere umano.

Vetrine tristi hanno assistito al comperare mesto e stanco indotto per abitudine dalla mercificazione natalizia e ci si dimentica di quell’ebreo palestinese che è nato in una capanna, immigrato e vilipeso.

Un Dio povero, anzi, un vero e proprio povero cristo.

È così natale a Betlemme insanguinata dalla violenza israeliana, ma dovrebbe esserlo a Mosul, insanguinata dalla violenza integralista, nel Donbass, insanguinato dalla violenza fascista del nuovo governo ucraino.

In troppe parti di un pianeta il rosso è quello del sangue che scolora rappreso nel nero che precede la morte.

Ancora una volta mi si potrà rimproverare di aver regalato parole pesanti, anche in questo giorno, che dovrebbe essere lieto.

Accetto la critica e se volete già mi scuso, eppure non vedo letizia, quando avanza l’ingiustizia.

La voce degli altri

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