Il proposito espresso chiaramente sarebbe quello di non insistere con i tagli lineari delle gestioni del passato ma di procedere con tagli selettivi. Le ipotesi in pista sono tante: dalla razionalizzazione dei dipartimenti e dei dirigenti della presidenza del Consiglio alla necessità di coordinare meglio Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Corpo forestale, dal riordino della rete diplomatica e consolare alla revisione di incentivi e trasferimenti da parte di diversi ministeri alle imprese, che varrebbero fino a 4 miliardi.
L’accetta sui ministeri potrebbe garantire sulla carta una dote di 21,5 miliardi, ma col rischio di intaccare pesantemente pensioni e welfare, mentre si fa strada l’ipotesi sempre più accreditata di intervenire sia sulle partecipate, che potrebbe portare mezzo miliardo per il 2015, e sulle privatizzazioni.
Questi tagli, come è facile capire, sono l’unico viatico possibile per consentire a Renzi di mantenere tutte le promesse, comprese le assunzioni dei precari della scuola, i concorsi e l’edilizia. Ma riuscirà scucire da ciascun ministero il 3% del proprio budget? Domanda dalle cento pistole e col colpo in canna
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