Il 31 agosto 1870, praticamente un secolo e mezzo fa, nasceva Maria Montessori. Tutti noi conosciamo la Maria Montessori grande pedagogista, ma forse quello che conosciamo poco è l’animo femminista dell’educatrice, che – lo ricordiamo – era anche neuropsichiatra infantile, medica e scienziata – e in diverse occasioni si espose in prima persona a favore dei diritti delle donne, portando le loro istanze in Parlamento. In un piccolo tascabile edito da Garzanti, dal titolo Per la causa delle donne, la Montessori ci racconta il Congresso femminile di Londra che “per le sue proporzioni e per la serietà e molteplicità dei temi trattati poteva reggere il confronto dei migliori congressi che l’opera maschile abbia offerto all’ammirazione del mondo”. Si esprimeva così nell’ottobre del 1899, in un articolo dedicato alla questione femminile.
E sempre sullo stesso testo parla di scuola, di insegnamento, di questione femminile anche all’interno dei corridoi scolastici: “La donna operaia è mal pagata, e benché porti metà e spesso tutto il pane della famiglia, resta muta vittima della brutalità del marito come quando era da lui mantenuta: la maestra, che ha quasi due terzi dell’educazione infantile nelle mani, è tenuta in un grado inferiore al maestro; non le sono aperte carriere, e le riforme tendenti al miglioramento della classe insegnante spesso la dimenticano“.
Argomentazioni che replica anche in relazione ad altre classi sociali, ad altre professioni, per concludere con un’esortazione a tutte le donne: “Unitevi in una solidarietà fraterna affinché la donna sia aiutata e protetta dalla donna”. Un femminismo apartitico, il suo, che rivendica: “Siate socialiste o monarchiche, siate libere pensatrici o clericali, la vostra idea non conta. Queste sono modalità piccole di partito che non interessano la grande umanità; essa ha un partito solo imponente, maestoso: il benessere e la pace universale, il progresso assoluto”.
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