Tra supplenze annuali e mobilità dei docenti, dalla cosiddetta riforma della buona scuola a oggi, dunque in 4 anni, si sono avuti in giro per l’Italia, con la valigia in mano, oltre 342mila prof.
La ricostruzione “numerica” è stata effettuata da Gilda e dal Sole 24 Ore, “a dispetto della “ferma” triennale prevista dalla riforma del 2015. Con effetti peraltro sorprendenti sui risultati della didattica”.
Dei 342.374 insegnanti, continua l’articolo del Sole 24 Ore, “57.580 sono andati in un’altra regione, pari al 16,8 per cento. In genere, gli spostamenti fuori regione sono più frequenti al Nord. A causa della mobilità di ritorno che vede tanti prof meridionali rientrare al Sud appena possono. Nel 2017, riporta Il Sole, fecero scalpore i numeri dei posti vuoti nelle regioni settentrionali svelati dal Miur: ben 22.087, soprattutto per matematica, italiano, lingue e sostegno.
Per quanto riguarda le annunciate 59mila assunzioni, di cui 14.552 sul sostegno, a causa dei ritardi nell’avvio dei concorsi è probabile che assisteremo allo stesso film dell’anno scorso quando il governo ha autorizzato 57mila immissioni in ruolo, ma circa la metà non è andata a buon fine per carenza di candidati (soprattutto al settentrione).
Il problema più grave però riguarda l’impatto negativo sugli apprendimenti degli studenti. Secondo Annamaria Ajello, presidente dell’Invalsi, gli studenti delle regioni del Nord ottengono, mediamente, punteggi più elevati in italiano e matematica, nonostante l’andirivieni citato prima di docenti soprattutto del Sud. «La loro presenza temporanea – commenta Ajello – non determina alcun effetto negativo nel rendimento degli studenti, tanto che gli studenti settentrionali continuano a registrare i migliori risultati alle prove Invalsi. Ciò vuol dire che “il contesto”, complessivamente inteso, esercita un’influenza positiva tanto da far sì che il docente meridionale contribuisca efficacemente ai buoni risultati di quegli studenti». Per il Mezzogiorno il discorso si ribalta.
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