Attualità

Autorevolezza docenti: basta controllare, sorvegliare e punire? Forse no

Lo stile “sanzionatorio” che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha deciso di seguire per ripristinare l’”autorevolezza” del personale della scuola viene confermato anche con l’ultimo provvedimento di legge approvato dal Parlamento.
In estrema sintesi, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, la legge si basa soprattutto su un aggravamento delle pene nei confronti di compie gesti di violenza nei confronti del personale scolastico.

Immediato il commento entusiastico della sottosegretaria Paola Frassinetti (FdI): “Finalmente un segnale concreto per tutelare docenti e tutto il personale scolastico con l’approvazione al Senato del ddl contro manifestazioni di violenza esercitata dagli studenti, ma anche dai loro famigliari”.
Ovviamente, per poter dire che si tratta di misure poco utili, bisognerà attendere che la legge entri in vigore e soprattutto bisognerà disporre di dati reali e affidabili; in altre parole bisognerà sapere con precisione se gli atti di aggressione diminuiranno o rimarranno invariati.

Ci permettiamo però di avere più di un dubbio sul fatto che la legge possa raggiungere gli obiettivi che vengono dichiarati.
E’ possibile (ma è tutto da dimostrare) che l’inasprimento delle pene possa dissuadere studenti e genitori dal compiere gesti di violenza contro insegnanti, dirigenti e altri dipendenti della scuola.
Ma crediamo che sia da escludere quasi del tutto che questo possa servire per restituire autorevolezza ai docenti.
Ci pare che l’autorevolezza non possa essere misurata semplicemente con la severità delle pene previste per chi “manca di rispetto” nei confronti della autorità in questione.
ll problema è assai più complesso ed ha a che fare con i cambiamenti sociali e culturali che sono intervenuti nel nostro Paese (ma per la verità anche altrove) in questi ultimi decenni.

Piuttosto, ci sembra che sia necessario riflettere su qualche altro dato: rispetto a 50 anni, per esempio, fa la “distanza culturale” fra docenti e genitori è moto diminuita e, soprattutto, è diminuita la “distanza percepita”.
Cioè con il passare degli anni si è ingenerata l’idea che, alla fin fine, i docenti non “ne sanno tanto di più” rispetto ai genitori, perché ormai per sapere qualcosa sulla Guerra dei 30 anni, su Pirandello o sulla forza centrifuga basta consultare Wikipedia con un po’ di attenzione.
Oltretutto la “narrazione” secondo cui insegnare significa “trasmettere conoscenze” non è certamente utile a sostenere il principio di autorevolezza (se insegnare serve a trasmettere conoscenze bisogna ammettere che la stessa funzione la possono svolgere altrettanto bene altri soggetti umani o virtuali).
E, per concludere, qualcuno crede che i concorsi con le “prove a crocette” possano contribuire a migliorare la percezione di autorevolezza da parte dell’opinione pubblica?
A noi non pare davvero.
Al contrario, pensiamo che si dovrebbe pensare a migliorare la formazione iniziale e in itinere del personale della scuola, ma questo richiederebbe ben altri interventi di politica scolastica che richiedono risorse e condivisione fra le forze politiche.

Reginaldo Palermo

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