36 ore? No grazie

Non so quanto ci sia di vero e di realizzabile nelle parole del sottosegretario all’istruzione Reggi sulla (ennesima!) riforma epocale della scuola che il governo Renzi starebbe per mettere in cantiere. Ma sicuramente la filosofia che la ispira (stando alle dichiarazioni di Reggi) è chiarissima: Si vogliono trattenere gli insegnanti dentro le mura scolastiche per 36 ore la settimana, il doppio del tempo del loro attuale orario di lezione frontale (18 per le superiori); si vuole cioè far vedere che li si obbligherà a lavorare ‘come’ gli altri dipendenti pubblici; si sottintende quindi che adesso lavorano poco, che il loro è stato finora poco più che un lavoro part-time.

Niente di più falso: attualmente un insegnante lavora già (lezioni da preparare, compiti da correggere, autoaggiornamento, numerosissime riunioni, incontri, corsi ecc. ecc.) molto più di 36 ore la settimana. Che differenza faccia per l’utenza che egli continui a farlo in parte a casa (e con mezzi propri) o a scuola (dove questi mezzi non ci sono) è un mistero che non si spiega se non con l’intenzione propagandistica e diffamatoria di cui parlavo pocanzi. Ma non è solo questa ‘nobile’ intenzione a spiegare la trovata delle 36 ore. Perché la propaganda diffamatoria (la storia ce lo insegna) prepara sempre una persecuzione reale.

E nella realtà le 36 ore vogliono essere una gabbia, un penitenziario all’interno del quale si potrà impunemente e invisibilmente procedere alla riduzione degli insegnanti allo stato servile. Perché nelle 18 ore eccedenti la lezione frontale non si lascerà tanto fare loro, dentro le mura scolastiche e fra mille disagi materiali, quello che già fanno molto meglio a casa (preparare lezioni, correggere compiti ecc. ecc.), ma li si obbligherà ad accollarsi gratis molte altre attività che adesso si fanno, sempre più a fatica, raschiando il fondo del barile dei fondi d’istituto (sostituzioni di colleghi assenti per malattia, corsi di recupero, attività integrative, ricreative e progettuali varie, orientamenti ecc.) Si prepara dunque per i docenti un’epoca di corvées a costo zero, umilianti in sé e ancor più intollerabili perché non accompagnate di fatto da nessun incremento stipendiale.

Quello che si racconta, infatti, sulle ‘premialità’ per i più disponibili (occhio: non si parla dei più bravi!) significa solo che pochi, pochissimi, all’interno degli istituti (scelti per di più a suo arbitrio dal dirigente) potranno avere degli incentivi: e, a quanto pare di capire, si tratterà solo di coloro che si renderanno disponibili a sovrintendere e coordinare quelle diverse attività di corvées. Questa è l’unico scenario possibile (visti i tempi di vacche magrissime) che le parole di Reggi lasciano prospettare.

Se a questo si aggiunge che si sta meditando di ridurre il corso delle scuole superiori a 4 anni, tagliando ulteriori migliaia di cattedre, quella filosofia mostra al mondo intero le sue vere, solite finalità. Se poi si collegano queste dichiarazioni a quelle della ministra Giannini che annuncia l’assunzione di 16.000 nuovi ricercatori universitari nei prossimi 4 anni, ecco che non c’è bisogno di particolare malizia per capire da dove a dove (e col sudore e col sangue di chi) le poche risorse disponibili per l’istruzione si stanno spostando.

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