Fra qualche mese, al posto dell’attuale ministra Fedeli, ci sarà qualche altro a dirigere il dicastero dell’Istruzione. Le elezioni politiche del 4 marzo prossimo lo decederanno, benché più del nome, interesserà capire quale forza politica occuperà quella sedia e con quali leve manovrerà una nave costretta sempre a veleggiare fra acque non certamente sempre tranquille.
Al nuovo ministro della istruzione spetterà dunque il compito di dare le molte risposte che il mondo della scuola da anni si attende, sia in termini di competenze, saperi, titoli e lotta agli abbandoni dei nostri alunni, e sia di finanziamenti strutturali e all’edilizia, non tralasciando però la memoria che la nostra istruzione fino agli anni Novanta del secolo scorso era fra le prime nel mondo.
Per rinnovare però la scuola è forse indispensabile partire dalle università, perché se si vogliono docenti preparati, occorre che la prima cernita avvenga col diploma di laurea, mentre ormai appare intollerabile che professionisti della cultura sappiano poco di legislazione e di diritti e di doveri, e si affidino al buon volere del dirigente.
In altri termini il nuovo ministro dovrebbe fare in modo di continuare a mettere in cattedra non solo docenti preparati ma anche e soprattutto motivati dal sacrifico fatto per arrivare e ai quali si garantiscano ritorni economici adeguati e quindi di immagine sociale.
Ma dovrebbe pure impegnarsi realmente a bandire concorsi biennali sull’effettivo fabbisogno, smettendola creare precariato permaloso il quale rischia alle lunghe di arenarsi sulle secche della demotivazione.
La scuola ha bisogno di docenti-scienziati, non di amici o animatori-badanti, di Maestri che diano l’esempio, indicando la strada con autorevolezza, ma ai quali però si dovrebbero pure togliere molte di quelle incombenze burocratiche che se per un verso distolgono dai veri obiettivi, dall’altro deprimono e creano ansia. Da queste premesse si affaccia poi tutta la problematica sul merito, sulla valorizzazione del lavoro dei prof e sulla carriera, visto che essa è bloccata e tale resta fino alla pensione, a meno che non si tenti l’avventura del concorso a dirigente.
E un altro impegno che il neo ministro dovrebbe assumere è quello di riesumare la figura ormai scomparsa dell’ispettore, mettendo congrui posti a concorso, ma sempre con prove severe e il più possibile oggettive.
Controllare l’operato del preside e quello della scuola, l’attività dei docenti e i progressi degli alunni non è atto formale ma sostanziale, corretto e legittimo.
Non si tratta di controllare il controllore, ma garantire aiuto ai prof, sostegno ai presidi, consigli alla didattica, anche perché il prodotto finale che la scuola fa uscire dai suoi ingranaggi è il cittadino: consapevole, erudito, critico, che oltre a spere dirigere la futura società sappia scegliere chi lo dove governare. E’ tutto qui il fondamento della democrazia.
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