Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato questa mattina in via Fani per prendere parte alla cerimonia per il 40° anniversario del sequestro di Aldo Moro e dell’uccisione dei 5 uomini di scorta. Alle ore 9.05 è stata scoperta la targa restaurata che ricorda il tragico episodio, nell’ora esatta in cui arrivò la chiamata per rivendicare il rapimento dello statista. Il capo dello Stato ha deposto una corona di fori, mentre risuonavano le note del Silenzio. Il Presidente ha poi deposto una corona di fiori sul monumento. Alla cerimonia hanno preso parte anche, tra gli altri, i presidenti uscenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini. Mattarella ha anche presenziato all’inaugurazione del nuovo monumento dedicato all’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, che guidava l’auto di Moro, al maresciallo Oreste Leonardi, il capo scorta, e agli agenti di polizia Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino.
Quel giorno di 40 anni fa, fu raggiunto il punto più alto e cupo della Strategia della tensione e degli Anni di piombo, ma fu anche l’inizio della fine dei brigatisti.
Infatti la loro presunta forza si consuma nei 55 giorni di prigionia dello statista democristiano.
E quel giorno era previsto il giuramento del governo di Giulio Andreotti, un governo di unità nazionale, con l’appoggio proprio dei comunisti.
«Aldo Moro? Voleva emancipare l’Italia dall’abbraccio soffocante degli americani. Così come Berlinguer voleva emancipare il Pci dall’abbraccio soffocante di Mosca. Per questo il leader della Dc è stato rapito e ucciso»: a sostenerlo Antonio Ferrari, settant’anni, giornalista del Corriere, che scrive pure nel suo libro: «60% verità, 20% finzione e 20% zona grigia» e aggiunge pure nel corso di una intervista a Linkiesta: “Io continuo a pensare che il presidente della Democrazia Cristiana sia stato liberato e ucciso successivamente. La maggioranza delle Brigate rosse voleva liberare Moro, una minoranza, i brigatisti vicini a Hyperion, no. Sono convinto di questo e diversi magistrati me l’hanno confermato”.
Fra l’altro sembra pure, e lo sostiene anche la figlia di Moro, Maria Fidia, lo statista sarebbe stato il vero obiettivo dell’attentato all’Italicus del 1975. “Salito proprio su quel treno sul treno alla stazione Termini per raggiungere la famiglia in villeggiatura in Trentino venne fatto scendere da alcuni funzionari del Ministero, suoi collaboratori, a causa di alcune carte che avrebbe dovuto firmare”.
I brigatisti chiedono, in cambio della restituzione di moro, la scarcerazione di alcuni loro compagni, ma tutto l’arco costituzione del Parlamento, ad eccezione del Psi di Bettino Craxi, si schiera per la linea della fermezza, contro ogni trattativa, nella convinzione che non sarebbe mai stato liberato e anche per non legittimare le Brigate Rosse.
Moro fu tenuto prigioniero per 55 giorni, durante i quali fu sottoposto a un processo politico da parte del cosiddetto «tribunale del popolo» istituito dalle Brigate Rosse.
Il suo cadavere fu ritrovato a Roma il 9 maggio, nel bagagliaio di una Renault 4 parcheggiata in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure, a poca distanza dalla sede nazionale del Partito Comunista Italiano e da Piazza del Gesù, sede nazionale della Democrazia Cristiana.
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