300 milioni di euro, dice Pepe, per farli parlare correttamente, per non sbagliare i congiuntivi e per coniugare in maniera corretta il verbo delle loro meditate riflessioni. Ma la giornalista fa una sua riflessione: “460 milioni per la scuola italiana e 300 milioni per loro”.
Le riflessioni che fa sono tutte condivisibili, proprio perché ricorda che costoro sono quelli di frasi sul tipo: «Sto costruendo una formazione politica che voglio arrivare al 51%» o «In questa sala che lei mi ha invitato». «Votevamo». «Vadano avanti, lavorino, concorrino al clima di pacificazione», mi sorge una domanda spontanea.
E ancora, dice pepe, in una giornata non proprio ideale, e in ordine casuale ho sentito dire: «Sotto l’egìda», invece di ègida, e lì ho incominciato mangiarmi quello che è rimasto nella pentola dalla sera prima, poi senza nessun preavviso ho letto: «Senza sentire n’è i dirigenti, n’è verificare»..e lì ho incominciato a parlare con la mia cagnolina.
Mi sono voltata di scatto e ho visto apparire «Si stanno liquefando» e accendendo la bombola del gas ho sentito con le mie orecchie: «Mi facci concludere».
Eppure, di fronte a tanto sfacelo Solo 160 milioni staccano la scuola pubblica già messa nelle condizioni più disperate, da queste parole che si intaccano come frecce nel fianco di qualsiasi persona che ha con la grammatica un rapporto basato sulla stima reciproca.
Hanno aggiunto un’ora di Geografia in certi istituti superiori e un esiguo numero di partecipanti a emendamenti importanti per il nostro destino hanno detto come nel film: «Io l’avrei un’idea per il Sud. Tutti parcheggi». E questi signori prendono parte alle votazioni sui decreti legge per la scuola se non sono in viaggio di pacificazione.
Uno dei signori che ha un cognome che incomincia con R e fa rima con lazzi, ha anche scritto un disegno legge di un solo articolo, e provate a indovinare su quale argomento? «Disposizioni in materia di introduzione di corsi scolastici di lingua e cultura italiane attraverso corsi in rete internet per gli italiani residenti all’estero».
Noi insegnanti queste parole le abbiamo capite bene perché sono quelle che portiamo avanti ogni giorno. Il problema è se lo hanno capito quelli che questo messaggio lo dovrebbero ripetere come un mantra.
E questa beffa, conclude Pepe, alla scuola italiana sa tanto di presa in giro, di supercazzole che roteano da destra a sinistra e, alla fine di tutto ciò, non ci resta nient’altro che sostenerci sulla nostra libreria che ricorda l’immensa potenza della cultura.
Questi ‘onorevoli governanti’ avranno i formatori linguistici, ma quello che impedisce loro di essere come noi è l’incapacità di capire, di leggere, di ascoltare, di trasmettere e di pensare. La lingua italiana per loro è in coma irreversibile, mentre per noi vuol dire dar vita a un’idea, un’emozione, una storia. La nostra storia e di quest’Italia sempre più lontana dalla cultura e sempre più vicino ai privilegi di una casta che non ci appartiene più.
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