Mezzo secolo fa moriva Elio Vittorini, scrittore, intellettuale ed editore.
Autore di romanzi come Conversazione in Sicilia e Uomini e no, Vittorini diresse la rivista Il Politecnico dal 1945. Nel primo editoriale, richiamandosi a Sartre, parlò di una cultura che non doveva consolare ma “una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini”, “ricerca della verità, non predicazione della verità”. Scrisse anche che la politica “resta limitata entro i confini della cronaca”, mentre è la cultura che “fa la storia”.
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L’intervento provocò la replica della rivista organica al Pci, Rinascita, e l’intervento del segretario Togliatti, che pubblicò una Lettera a Vittorini in cui scriveva che nel Politecnico si riscontrava “una strana tendenza ad una specie di cultura enciclopedica, dove una ricerca astratta del nuovo, del diverso, del sorprendente, prende il posto della scelta e dell’indagine coerenti con un obiettivo e la notizia, l’informazione (…) sopraffà il pensiero”. Vittorini rispose stigmatizzando gli intellettuali che suonano “il piffero per la rivoluzione”, rivendicando l’autonomia dell’intellettuale. Il Politecnico chiuse nel 1947, due anni dopo Vittorini lasciò il Pci.
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