A Monfalcone, la bellissima città in provincia di Udine, è stato fissato un tetto massimo, pari al 45%, alla presenza di stranieri in classe.
Come è già accaduto altrove, al fine di contrastare il fenomeno delle cosiddette “classi ghetto”, è stato sottoscritta una convenzione, vista l’alta percentuale di stranieri in città, tra il Comune e due istituti comprensivi cittadini.
Sulla base dell’accordo, però, una sessantina di bimbi a settembre rimarrebbe esclusa dalle scuole dell’infanzia.
Immediata la reazione della Flc Cgil che annuncia «un esposto in procura, al Garante dei Minori, all’ufficio per la tutela dei minori a livello nazionale», perché «lo Stato ha l’obbligo di fornire l’istruzione a tutti, indistintamente. Non c’è un vincolo e non può crearlo il sindaco».
Anche la Uil Scuola FVG è scesa in campo: «Bisogna evitare le classi ghetto di soli stranieri, ma la scuola italiana sa come fare integrazione. Non servono leggi e propaganda. Le quote non sono di per sé negative, purché non siano prescrittive ma propositive e lascino all’autonomia della comunità scolastica le scelte veramente utili all’integrazione».
Il sindaco di Monfalcone tuttavia, ha spiegato invece di aver già messo a bilancio dei fondi per offrire un servizio di scuolabus e dirottare i bambini nelle scuole dei comuni limitrofi: «Sono la prima a essere convinta dell’utilità per i bambini di frequentare la scuola materna ho già offerto e continuerò a offrire tuttora la messa a disposizione di uno scuolabus per accompagnarli nelle scuole dei comuni limitrofi, dove ci sono le classi e i numeri per accoglierli. Mi sono rivolta a sindaci e dirigenti scolastici ma nessuno mi ha risposto».
E se nessuno dovesse rispondere, come pare, che ne sarà di questi bambini? Una soluzione si trova, forse, ma intanto la polemica infuria e la gente continua a dividersi.
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