Secondo Il Sole 24 Ore, 3.314 eccedenze si concentrerebbero nell’Inps, a causa della fusione con Inpdap ed Enpals; 3.236 sarebbero invece sparsi nei vari ministeri, mentre il resto sarebbe stato individuato tra Aci, Istat e così via o negli enti di ricerca e nei ruoli dell’Enac.
Come si procederà?
Prepensionare i dipendenti che raggiungono i requisiti previdenziali prima della riforma Fornero (i quota 96 della pa) e per il resto andrebbero messi in campo progetti di mobilità, per destinare alle amministrazioni che ne hanno bisogno il personale in “eccesso” negli uffici in cui si trova oggi. L’incrocio di domanda e offerta non è semplice, come mostra il fatto che la mobilità è prevista da molti anni nell’ordinamento del pubblico impiego ma non ha mai avuto successo: questa volta, però, lo spostamento non è volontario. L’alternativa prevista dalla legge è infatti rappresentata da una “mobilità” più dura, che riserva all’interessato l’80% dello stipendio tabellare (escluse quindi le voci aggiuntive, con un taglio effettivo che a seconda dei casi può arrivare anche al 50% dello stipendio) per due anni, entro i quali l’interessato dovrebbe trovare un posto di lavoro in un’altra amministrazione: trascorsi i due anni, la legge prevede nei fatti il licenziamento.
“Stiamo lavorando con i sindacati per trovare criteri condivisi – ha spiegato al Messaggero il ministro della Funzione pubblica Gianpiero D’Alia – ma poi bisogna decidere”.
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