Penalizzate, ma sempre protagoniste. Vessate, ma mai dome. Sono le donne italiane, che in occasione dell’8 marzo, sono tornate a chiedere, attraverso iniziative di discussione, di dibattito e di piazza, quella dignità e quei diritti da sempre negati. Ad iniziare dalle studentesse, che sono tornate a chiedere di introdurre l’educazione sessuale tra le materie scolastiche obbligatorie: a farsi portavoce della richiesta sono le associazioni degli studenti, che nel giorno della festa della donna hanno organizzato una serie, in continuità con la mobilitazione svolta lo scorso 13 febbraio nelle diverse piazze.
“Ormai viviamo in un paese paradossale – ha detto Sofia Sabatino, portavoce della Rete degli Studenti – in cui il sesso è argomento di discussione ossessivo nelle televisioni, nella politica, nella vita pubblica, ma è un tabù nelle scuole, una cosa di cui bisogna vergognarsi e parlare sotto voce”. Secondo la rappresentante studentesca questa spettacolarizzazione “comporta che per le adolescenti il sesso e l’idea stessa del sesso non sia qualcosa da fare liberamente, con consapevolezza e attenzione, ma diventi il bunga bunga, il sesso a pagamento, la merce data al migliore offerente”. La studentessa ricorda poi che “la percentuale di malattie infettive sessualmente trasmissibili continua a crescere fra le giovanissime: ci siamo stufate di questa situazione, chiediamo educazione sessuale obbligatoria e qualificata, sportelli di aiuto e ascolto con professionisti e figure specializzate, oltre che preservativi in tutte le scuole d’Italia“.
Parole condivise delle rappresentanti della Rete della Conoscenza, che nella serata dell’8 marzo hanno partecipato al corteo organizzato nella capitale dal coordinamento ‘Indecorose e Libere’, con partenza a piazza Bocca della Verità. “Crediamo che il mondo della conoscenza abbia un ruolo fondamentale nel costruire, a partire da scuole e università, una forte opposizione culturale al sessismo, attraverso la diffusione di un’idea di sessualità realmente libera e consapevole e di un’alternativa culturale e sociale – ha ribadito l’associazione – che valorizzi le differenze di genere“.
La giornata si era aperta con l’invito, al Quirinale, di due donne stabilmente impegnate nella scuola e nella ricerca: una maestra di una primaria del Gargano, Onoria Rescigno, e una brillante ricercatrice tornata in Italia dopo un promettente avvio lavorativo all’estero. Nel corso dell’iniziativa – alla presenza di diversi ministri donne, della vicepresidente del Senato Emma Bonino, della vicepresidente della Camera Rosy Bindi, il giudice della Corte Costituzionale Maria Rita Saulle, e ovviamente il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – è stato proiettato un filmato che ricostruisce 150 anni di storia italiana al femminile. Sulla donna, il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha detto che “si possono avere posizioni diverse sulle soluzioni, su come riformare, su come migliorare la scuola italiana, ma non ci sono dubbi sul ruolo prezioso che essa svolge nella formazione delle giovani generazioni”. Per poi aggiungere che “proprio la scuola ha avuto il grande merito di rendere la società più libera, più eguale, più democratica, favorendo l’emancipazione femminile”.
L’attrice Anna Bonaiuto, a sua volta, ha letto alcuni brani tratti da scritti di donne protagoniste del Risorgimento. E la soprano Desiree Rancatore, accompagnata dalla pianista Luisa Prayer, ha eseguito un’aria dall’Opera ‘I Capuleti e i Montecchi’ di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romano. Successivamente il Capo dello Stato ha consegnato a sette donne le onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
I numeri, però, ci dicono che le donne, soprattutto quelle giovani continuano a essere svantaggiate nell’occupazione, rispetto agli uomini. Secondo l’Istat, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 29 anni il tasso di occupazione femminile è pari al 35,4%, contro il 48,6% dei maschi, 13 punti in meno. Solo per le laureate il tasso di occupazione è simile a quello dei coetanei (47,7% contro 48,8%). È uno scenario piuttosto cupo: le giovani che non studiano e non lavorano sono il 29,9%, un valore più alto di quello maschile (22,9%). Di pari passo anche lo svantaggio sul fronte della disoccupazione. Il tasso per quella femminile, sempre per l’età compresa tra 18-29 anni, è al 21,1%, contro il 18,4% di quello maschile. Arriva al 33,1% al Sud, dove anche quello maschile è alto (28,4%). Con riferimento alle giovani tra i 18 e 19 anni, il tasso di disoccupazione femminile è molto più elevato – il 48,3%, con punte del 53,7% – al Sud, ma anche al Nord (42,6%) resta alto. Il tasso di inattività femminile è al 55,1%, contro il 44,4% dei coetanei maschi. Ciò è dovuto alla elevata presenza di studentesse, che rappresentano il 59,8% delle inattive. Lo svantaggio si rileva per tutte le aree geografiche, anche se le giovani del Nord presentano un tasso di occupazione più che doppio rispetto a quelle del Sud (47,2% contro 21,9%), divario che si manifesta anche per le laureate: il tasso di occupazione femminile per chi è in possesso di laurea risulta, infatti, pari al 30,6% nel Sud e al 59% nel Nord. Le giovani donne hanno più frequentemente un lavoro a tempo determinato rispetto ai colleghi maschi (34,8% contro 27,4%). La percentuale di tempi determinati tra le giovani cresce con il titolo di studio, passando dal 28,8% tra chi ha un titolo di studio basso al 35% delle diplomate, fino al 40,6% delle laureate. Nel Sud, la percentuale di donne con contratto a tempo determinato raggiunge il 44,6% tra le laureate. Anche nel Nord le laureate con un lavoro a tempo determinato sono più dei maschi e la relativa quota è pari al 37,8%. La percentuale di donne giovani in part time, infine, è tripla rispetto a quella maschile (31,2% contro 10,4%) e si mantiene elevata anche per le laureate (24,1%).
I numeri, però, ci dicono che le donne, soprattutto quelle giovani continuano a essere svantaggiate nell’occupazione, rispetto agli uomini. Secondo l’Istat, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 29 anni il tasso di occupazione femminile è pari al 35,4%, contro il 48,6% dei maschi, 13 punti in meno. Solo per le laureate il tasso di occupazione è simile a quello dei coetanei (47,7% contro 48,8%). È uno scenario piuttosto cupo: le giovani che non studiano e non lavorano sono il 29,9%, un valore più alto di quello maschile (22,9%). Di pari passo anche lo svantaggio sul fronte della disoccupazione. Il tasso per quella femminile, sempre per l’età compresa tra 18-29 anni, è al 21,1%, contro il 18,4% di quello maschile. Arriva al 33,1% al Sud, dove anche quello maschile è alto (28,4%). Con riferimento alle giovani tra i 18 e 19 anni, il tasso di disoccupazione femminile è molto più elevato – il 48,3%, con punte del 53,7% – al Sud, ma anche al Nord (42,6%) resta alto. Il tasso di inattività femminile è al 55,1%, contro il 44,4% dei coetanei maschi. Ciò è dovuto alla elevata presenza di studentesse, che rappresentano il 59,8% delle inattive. Lo svantaggio si rileva per tutte le aree geografiche, anche se le giovani del Nord presentano un tasso di occupazione più che doppio rispetto a quelle del Sud (47,2% contro 21,9%), divario che si manifesta anche per le laureate: il tasso di occupazione femminile per chi è in possesso di laurea risulta, infatti, pari al 30,6% nel Sud e al 59% nel Nord. Le giovani donne hanno più frequentemente un lavoro a tempo determinato rispetto ai colleghi maschi (34,8% contro 27,4%). La percentuale di tempi determinati tra le giovani cresce con il titolo di studio, passando dal 28,8% tra chi ha un titolo di studio basso al 35% delle diplomate, fino al 40,6% delle laureate. Nel Sud, la percentuale di donne con contratto a tempo determinato raggiunge il 44,6% tra le laureate. Anche nel Nord le laureate con un lavoro a tempo determinato sono più dei maschi e la relativa quota è pari al 37,8%. La percentuale di donne giovani in part time, infine, è tripla rispetto a quella maschile (31,2% contro 10,4%) e si mantiene elevata anche per le laureate (24,1%).