Ottanta accademici di tutto il mondo hanno scritto al responsabile dei Test Ocse-Pisa, Andreas Schleicher, direttore del comparto Educazione dell’Organizzazione dei paesi industrializzati, per comunicargli tutta la loro avversità sull’uso dei test che dopo tredici anni di applicazione coinvolge sessanta paesi nel mondo e ne orienta le politiche educative.
“Dicono i critici, innanzitutto, che l’uso della valutazione a risposta multipla ha favorito un’esplosione di insegnamenti con i test per studenti, insegnanti e amministratori di scuole”, scrive La Repubblica che ha ripreso la lettera pubblicata dagli accademici anche sul “Guardian”.
“Questa quantificazione continua dei risultati è imperfetta e non può guidare le politiche scolastiche di sessanta paesi che in quelle prove si riconoscono”. Inoltre, “i risultati Ocse-Pisa, mettendo l’accento così forte su quello che è misurabile, “rendono invisibile ciò che misurabile non è”. A scuola sono importanti anche lo sviluppo fisico, morale, civico e artistico di ogni ragazzo. E per queste discipline non esiste, sostengono i docenti, un test che certifichi la crescita del ragazzo”.
“I test Pisa impoveriscono le nostre classi, tolgono autonomia ai docenti e alza il livello di stress di scuole già molto stressate. Nessun test dovrebbe ignorare la situazione economica dei Paesi in cui viene somministrato”. Quindi, “per evitare un ‘colonialismo culturale dell’Ocse’ sui paesi più poveri, il gruppo di docenti propone di affiancare a chi costruisce i lavori Pisa – oggi statistici ed economisti – genitori, educatori, amministratori di scuole, leader di comunità, studenti provenienti da discipline come antropologia, sociologia, storia, filosofia, linguistica, arti”.
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“Uno studente deve essere preparato alla partecipazione democratica, alle azioni morali, allo sviluppo di sé, alla crescita e al benessere personale”. Inoltre, l’Ocse “non ha alcun mandato pubblico per influenzare così tanto le politiche educative del mondo”. Si nota una degenerazione, avvertono gli ottanta, nello sviluppo e nelle funzioni dell’organizzazione: “La struttura Pisa dell’Ocse per realizzare il proprio lavoro ha abbracciato multinazionali profit. Diverse di queste hanno interessi nelle scuole americane e in quelle africane”, dove si vogliono allargare i test a partire da quest’anno.
Per evitare un “colonialismo culturale dell’Ocse” sui paesi più poveri, il gruppo di docenti, riporta sempre La Repubblica, propone di affiancare a chi costruisce i lavori Pisa – oggi statistici ed economisti – genitori, educatori, amministratori di scuole, leader di comunità, studenti provenienti da discipline come antropologia, sociologia, storia, filosofia, linguistica, arti. Quindi, inserire nella valutazione delle classi e delle scuole i concetti di benessere, salute, sviluppo umano e felicità degli studenti e degli stessi prof. Domande ad hoc. Quindi, rendere pubblico il costo dei Test Pisa (e degli Invalsi) “in modo che le amministrazioni possano decidere se continuare a spendere milioni di dollari ed euro in questo modo o virarle altrove”. Infine, accettare che strutture indipendenti valutino come sono organizzate le prove e dare conto in maniera dettagliata del ruolo delle multinazionali che affiancano Ocse-Pisa.
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