L’alleanza del Movimento 5 Stelle con il Partito Democratico è possibile, a patto che ognuno rinunci ad almeno una parte del programma. Ad iniziare da quelli su scuola e lavoro. A sostenerlo è l’ex ministro Luigi Berlinguer, cugino dello storico segretario del Partito Comunista, in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano del 25 aprile.
“Rinunciare a parte della propria identità e al proprio programma”
Per creare convergenze, ha detto Berlinguer, “ciascuno deve rinunciare a una parte della propria identità e del proprio programma. Ci sono dei punti chiari su cui trovare l’intesa: il lavoro e la scuola“.
Sulla premiership, “sono contro veti e pregiudiziali. In ogni caso non si deve partire da lì. La verifica delle convergenze va fatta sui contenuti”.
Secondo l’ex ministro, il compromesso tra Pd e M5S “non sarebbe alieno dall’idea che ebbe Enrico Berlinguer. Anche lui si pose il problema di una maggioranza. In sé il compromesso è necessario per garantire la governabilità in una fase come questa. Se devi comporre dei colori non puoi pretendere che il bianco e il nero rimangano tali mescolandosi”.
Pd costretto a trattare col M5S: c’è rischio ingovernabilità
“Appare chiaro che il rischio di ingovernabilità – il più grave che possa occorrere ad una democrazia – possa costringere anche il mio partito a una trattativa con il M5S. Ma lo si può fare solo a partire da criteri di chiarezza e trasparenza per il rispetto che dobbiamo alla nostra grande comunità di partito”, dichiara Berlinguer.
L’ex titolare del dicastero dell’Istruzione è convinto che “una parte rilevante di elettori del Pd il 4 marzo ha votato Cinquestelle”, un partito che “non ha definito la sua collocazione ma che non è certamente razzista e non difende gli interessi anti-popolari”.
Sulla scuola posizioni lontanissimi, ma i “miracoli” della politica sono infiniti
Insomma, secondo Berlinguer l’unione di Governo non è così peregrina. Basterebbe fare chiarezza. Ma è proprio sulla scuola che le posizioni sono lontanissime. Il Pd, infatti, difende a spada tratta la sua riforma Renzi-Giannini; il M5S, invece, attraverso un’intervista di Luigi Di Maio alla Tecnica della Scuola ha spiegato i motivi per cui la Legge 107/15 sarà smantellata, “partendo proprio da quelle misure che hanno trasformato la scuola in un’azienda: i super-poteri ai presidi, la chiamata diretta dei docenti, il bonus premiale e la card formazione per i docenti che è più una mancetta elettorale”.
Ora, come si fa a pensare ad un’intesa con questi presupposti? La politica, è anche vero, ci ha abituato comunque a dei veri e propri “miracoli”. Come quello di vedere realizzate alleanze e provvedimenti completamente diversi rispetto a quanto sostenuto per mesi in campagna elettorale. E per anni durante la precedente legislatura.