I Cobas insistono: dopo le astensioni, ma solo per la prima ora di servizio, del 29 febbraio e del 18 marzo, i sindacati di base indicono uno sciopero generale con manifestazione nazionale a Roma. La data individuata non è però dietro l’angolo: quello di aprile sarà un mese interamente dedicato alle elezioni e qualsiasi iniziativa sindacale rischierebbe fortemente di essere “oscurata” dalle vicende politiche.
La mobilitazione, che stavolta riguarderà l’intera giornata, è stata così fissata per venerdì 9 maggio. Oltre alritiro dell’ordinanza ministeriale n. 92 sui nuovi debiti formativi, i Cobas chiederanno alle istituzioni di fermare il taglio degli organici (11mila dal prossimo settembre) e di istituire il diritto di assemblea anche per i sindacati con meno adesioni e numero di Rsu: una rivendicazione, quest’ultima, che portò lo scorso anno alcuni esponenti dei Cobas a condurre uno sciopero della fame per diverse settimane.
“L’adesione del 25-30% agli scioperi di febbraio e marzo ci fa comunque ben sperare – ha detto Piero Bernocchi, leader dei Cobas della scuola-, nell’ultimo sciopero si è vistosamente ampliata sopratutto la partecipazione di docenti ed Ata di Cgil-Cisl-Uil, che continuano ad appoggiare la sciagurata politica scolastica di Fioroni: il personale si sta evidentemente rendendo di come l’ordinanza 92 imponga recuperi-farsa di pochissime ore che ridicolizzano la scuola e umiliano i docenti i quali, in cambio di mancette salariali, dovrebbero divenire complici di una scuola-burletta”.
Per il sindacato è inverosimile che in poche ore gli studenti di medie e superiori possano “recuperare quello che lo studente non ha fatto in uno o più anni”.
Secondo i Cobas l’ordinanza sui nuovi debiti “è il disastroso punto d’arrivo della politica scolastica degli ultimi quindici anni, la lampante dimostrazione del fallimento della scuola-azienda e della sedicente ‘autonomia’scolastica che hanno caratterizzato i ministeri di Berlinguer-Moratti-Fioroni”.
“Tali politiche – ha concluso Bernocchi – stanno distruggendo l’istruzione pubblica, demolendone la serietà e l’impianto nazionale unitario, banalizzando la didattica e il lavoro di docenti e Ata, immiseriti con stipendi da fame, producendo ignoranza”.