Uffici sotto pressione al Ministero per rispettare i tempi previsti dall’art. 64 (3° comma) del decreto legge 112 che prevede un apposito passaggio amministrativo per la messa a punto del piano di razionalizzazione della rete scolastica.
La disposizione in questione parla espressamente di un piano programmatico che dovrà essere sottoscritto dal Miur e dal Ministero dell’Economia, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti oltre che della Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti Locali.
Ma non c’è solo un problema di complessità procedurale: il provvedimento, infatti, dovrà essere firmato dai 2 Ministri (Gelmini e Tremonti) entro il 10 agosto e cioè, entro il termine dei 45 giorni dalla entrata in vigore del decreto.
A meno che, nel frattempo, il Parlamento non provveda ad emendare questo punto, dilazionando i termini per la predisposizione del piano.
In ogni caso – per ora – i tempi sono quelli e i funzionari che hanno la responsabilità di predisporre il piano non hanno certamente intenzione di sforare, dal momento che il 5° comma dello stesso articolo prevede precise responsabilità a carico dei dirigenti che non collaboreranno attivamente al raggiungimento degli obiettivi.
Stando così le cose, è facile prevedere che il Piano di razionalizzazione non andrà troppo per il sottile e sarà redatto con riferimento a parametri numerici ben precisi.
C’è tuttavia da considerare che – almeno per ora – il Piano dovrà tenere conto della legislazione vigente senza dimenticare neppure che la materia della razionalizzazione della rete scolastica è competenza tipicamente regionale.
Dati questi vincoli, non sarà per nulla facile mettere a punto un Piano per il taglio di 42mila posti per il 2009/2010 come previsto dalla relazione tecnica allegata al decreto legge 112.
Le strade per ottenere questo risultato sono poche e molto strette.
Non sarà facile, per esempio, fare leva sul numero di alunni per classe sia perché esistono norme di legge che non consentono di sforare al di là di tetti prestabiliti sia perché Regioni ed Enti Locali potrebbero chiamare in causa le norme sull’edilizia scolastica che prevedono che le aule siano adeguatamente dimensionate rispetto al numero degli alunni.
Una strada, strettissima per la verità, potrebbe essere quella di prevedere la chiusura delle sedi scolastiche particolarmente sottodimensionate (per esempio scuole medie che accolgono 50-60 alunni o scuole elementari con 30-35 alunni). Molto spesso, però, si tratta di scuole poste nei Comuni di montagna o nelle piccole isole che certamente non saranno felici dell’operazione.
Potrebbe quindi ripetersi la stessa situazione di fine anni Ottanta quando gli stessi parlamentari che avevano votato la legge di riforma della scuola elementare che prevedeva la progressiva chiusura delle piccole scuole si schieravano a fianco dei sindaci e delle comunità locali dei loro collegi elettorali per impedire la piena applicazione della legge.
Dare attuazione alle previsioni del decreto 112 potrebbe essere insomma più difficile del previsto e non è detto che non siano i Ministri stessi a decidere un rinvio dell’operazione.