A protestare contro l’art. 64 del decreto legge 112 non sono solamente sindacati e associazioni di precari.
E’ di queste ore un comunicato dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani che pur dichiarando di apprezzare molte delle disposizioni del decreto manifesta viva preoccupazione in merito alle misure di contenimento del personale scolastico: “il provvedimento – denuncia l’Anci – sembra non tener conto della domanda crescente soprattutto nella scuola primaria, anche per la presenza di alunni stranieri e/o di alunni diversamente abili”.
“Pertanto – prosegue il comunicato dell’Associazione – si chiede di verificare attentamente le misure tenendo conto delle implicazioni che si potrebbero determinare sull’attuale organizzazione del tempo scuola, ad esempio la contrazione del tempo pieno, così come in ordine alla garanzia del diritto allo studio ovvero del pieno accesso delle famiglie all’istruzione scolastica pubblica”.
Ma la preoccupazione maggiore degli Enti Locali riguarda la possibilità che i livelli attuali del servizio scolastico vengano in qualche misura ridotti soprattutto nei Comuni di minor dimensione demografica.
Anche per quantoriguarda i libri di testo l’Anci mette le mani avanti nel timore che i costi dell’operazione “libri on line” si possano scaricare sui Comuni: “Pur esprimendo una considerazione positiva sulla facilitazione delle modalità di accesso ai supporti didattici – sostiene infatti l’Anci – si fa presente l’esigenza di un chiarimento in ordine alla ripartizione dei costi e in ordine alle modalità per favorire la diffusione di libri di testo in forma digitale”.
Per il resto l’Anci polemizza con il Governo e fornisce dati inequivocabili: le Uscite Complessive dei Comuni fanno registrare nel 2007 un aumento dell’1,97%, contro il ben più consistente incremento delle Amministrazioni centrali (+4,90%) e delle Regioni (+3,09%).
Per non parlare, sostiene ancora l’Anci, delle spese di personale: nel 2007 i Comuni le hanno ridotte del 6% facendo perciò meglio delle Regioni, che le hanno contenute del 4%, e infinitamente meglio dello Stato che le ha invece aumentate del 5,5%.
Il messaggio, insomma, è chiaro: il risparmio deve riguardare innanzitutto le spese della macchina statale, i Comuni la loro parte la fanno da anni e non ci stanno ad essere penalizzati anche sul fronte dei servizi scolastici per i loro cittadini.