Parte la petizione “No alla secessione dei ricchi”, sottoscritta finora e promossa da oltre mille persone, in gran parte docenti, giornalisti, economisti .
In particolare, ha scritto su Change.org Gianfranco Viesti, docente di economia, all’Università di Bari, che ha con gli altri lanciato l’appello: “Il Veneto, la Lombardia e sulla loro scia altre undici Regioni si sono attivate per ottenere maggiori poteri e risorse.
Richiesta eversiva
Su maggiori poteri alle Regioni si possono avere le opinioni più diverse. Ma nei giorni scorsi è stata formalizzata dal Veneto (e in misura più sfumata dalla Lombardia) una richiesta che non è estremo definire eversiva, secessionista”.
Nello stesso tempo i sottoscrittori fanno notare che la Regione Veneto “ha chiesto di avere potere esclusivo su materie che vanno dall’offerta formativa scolastica (potendo anche scegliere gli insegnanti su base regionale), ai contributi alle scuole private, i fondi per l’edilizia scolastica, il diritto allo studio e la formazione universitari, la cassa integrazione guadagni, la programmazione dei flussi migratori, la previdenza complementare, i contratti con il personale sanitario, i fondi per il sostegno alle imprese, le Soprintendenze, le valutazioni sugli impianti con impatto sul territorio, le concessioni per l’idroelettrico e lo stoccaggio del gas, le autorizzazioni per elettrodotti, gasdotti e oleodotti, la protezione civile, i Vigili del Fuoco, strade, autostrade, porti e aeroporti (inclusa una zona franca), la partecipazione alle decisioni relative agli atti normativi comunitari, la promozione all’estero, l’Istat, il Corecom al posto dell’Agcom, le professioni non ordinistiche. E altro”. “In questo modo – scrivono – verrebbero espropriati della competenza statale tutti i grandi servizi pubblici nazionali e verrebbe meno qualsiasi possibile programmazione infrastrutturale in tutto il Paese”.
Parlamento espropriato
I docenti fanno notare che “il Parlamento non può essere espropriato del diritto-dovere di legiferare su questioni decisive per il futuro dell’Italia. Siamo di fronte a uno stravolgimento delle basi giuridiche su cui è sorta la Repubblica italiana. Una materia di tale portata non può e non deve essere risolta nei colloqui fra una rappresentante del Governo e uno della Regione interessata, oltretutto, dello stesso partito e della medesima regione. Tutti i cittadini italiani hanno il diritto di essere coinvolti nella decisione, che riguarda tutti”.