Per un docente, si sa, non è sempre facile mantenere i nervi saldi in classe. Soprattutto quando gli studenti fanno del tutto perché ciò non avvenga e le famiglie diventano i loro sindacalisti a prescindere. Negli ultimi anni, poi, le giovani generazioni (complice una società sempre più individualista e senza più rispetto per le regole) identificano nei docenti sempre più spesso un nemico piuttosto che una guida.
L’insegnante tuttavia non può, per definizione, lasciarsi andare ad atteggiamenti che vanno oltre la sua funzione di educatore: al bando, quindi, parole oltre le righe o, peggio ancora, atteggiamenti violenti.
Ecco perché i giudici del tribunale di Havesnes-sur Helpe, nel nord della Francia, non hanno perdonato il “gesto di violenza” che Jose Laboureur, 49 anni e docente di scuola media inferiore, ha fatto scatenare nei confronti di un suo allievo: il bel ceffone, partito nei confronti dell’alunno 11enne a seguito di un irriverente “connard” (‘coglione’) di quest’ultimo, è costato all’insegnante una multa di 500 euro.
“Ho reagito come un padre di famiglia”, si è difeso l’insegnante, riconoscendo di aver trattato duramente l’allievo, ma senza cattiveria né violenza. Parole che solo in parte hanno convinto il tribunale transalpino: la condanna infatti è stata minore rispetto a quella chiesta dal procuratore (800 euro di multa) e soprattutto dalla famiglia del ragazzo, che oltre ad un euro simbolico a titolo di risarcimento morale aveva espresso il desiderio di accollare le spese di iscrizione del figlio alla scuola privata (1.635 euro) proprio all’istintivo professore.
I sindacati degli insegnanti francesi non l’hanno presa bene: il professore “è stato insultato” e “la sua autorità messa in dubbio davanti agli altri studenti” hanno fatto sapere compatti. Rimane il fatto che chi alza le mani senza averne motivi di legittima difesa nove volte su dieci diventa indifendibile: ancora di può se si tratta di un insegnante durante l’esercizio delle sue funzioni.