I giovani, d’impulso, non amano la mediocrità e l’iniquità.
Parlo di quella che incontrano soprattutto a scuola.
Non parlo di giustizia/ingiustizia, perché questi termini anzitutto vengono sentiti come troppo grandi, impegnativi, complessi, da richiedere spiegazioni ulteriori.
I nostri ragazzi, cioè, capiscono più facilmente cosa vuol dire pari opportunità, perché capiscono al volo chi hanno di fronte, docenti, preside, personale.
E si fanno subito un giudizio, che solo con fatica, dopo diverse riprove, possono aggiustare o modificare.
Capiscono subito, anzitutto, se un docente possiede prima e trasmette poi passione, sensibilità, se ha attenzione e rispetto degli stessi ragazzi, per come sono.
Capiscono subito, in poche parole, se hanno di fronte un impiegato od un maestro. Quello che non ti impone, ma che ti indica una via, quello che non teme il dialogo, quello che non ha nemmeno paura di dire e mostrare i propri limiti. Per poi rendere trasparente il più possibile come e cosa si può imparare da quei stessi limiti.
E ce ne sono, tanti, di questi docenti in gamba nelle nostre scuole.
Ogni anno cerco di raccogliere, in un file, queste impressioni e considerazioni che raccolgo girando le classi. Perché questo diritto/dovere me lo tengo troppo prezioso per lasciarmi coinvolgere dal fatto che per il sesto anno devo sovrintendere a due grandi scuole superiori, in tutto 137 classi per 3.500 studenti.
Ma posso prendermi un po’ di questo tempo per stare con i ragazzi solo perché, come in tutte le scuole, sono tanti i docenti in gamba che danno la loro disponibilità anche a ruoli sistemici.
Insomma, i ragazzi non amano la mediocrità. E lo dicono.
Quella che ritrovano in quei docenti, lo ripeto, che si vede che non credono più al loro lavoro, che non si preparano, che si limitano a ripetere a memoria il loro quadernino di appunti, che il loro ultimo libro letto è la loro tesi di laurea, che non seguono la stesso polare della equità nelle valutazioni.
Perché, allora, non sperimentare nelle classi quarte e quinte, magari con i maggiorenni, come già nelle università, forme di customer seri, condivisi con i docenti, sul servizio di qualità degli stessi docenti in classe?
Perché non provare?
Ma lo stesso andrebbe fatto, in forma seria e riservata, anche nei confronti dei presidi, prima del rinnovo triennale, coinvolgendo non solo i docenti, ma tutto il personale. Adottando da anni il sistema qualità, con la nuova norma Iso incentrata sul binomio rischio-opportunità, qualcosa si fa già. Ma perché non estenderlo?