Ormai il decreto 112 è diventato legge (la n. 133 per la precisione) e, da oggi in poi, opposizione e organizzazioni sindacali dovranno confrontarsi con il testo del provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 agosto.
Allo stato attuale è difficile prevedere cosa accadrà nelle prossime settimane anche perché opporsi ad una legge ormai adottata dal Parlamento è cosa ben diversa dall’organizzare la protesta per impedirne l’approvazione.
Soprattutto se si tiene conto che in sede di dibattito parlamentare sugli articoli che più direttamente riguardano la scuola né in aula né in sede di Commissione l’opposizione è stata particolarmente forte.
Piuttosto è probabile che saranno le Regioni a sollevare questioni sulle modalità applicative della legge.
Ma più per motivi di metodo che per ragioni di merito.
Poco prima che il decreto venisse convertito in legge la Conferenza delle Regioni avevano chiesto al Parlamento di adottare due modifiche.
La prima riguardava il 3° comma dell’art. 64: le Regioni chiedevano di aggiungere alla fine del comma la frase “nel rispetto delle competenze normative delle Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione”.
L’emendamento non è stato recepito, anche perché tutto sommato l’aggiunta appare del tutto pleonastica: è evidente, infatti, che le disposizioni contenute nella legge 133 non possono essere in contrasto con una norma costituzionale.
Con un secondo emendamento le Regioni chiedevano che il piano di razionalizzazione previsto dalla legge venisse definito non mediante un regolamento – come prevede la legge 133 approvata dal Parlamento – ma attraverso decreti legislativi emanati dal Governo in applicazione di una apposita legge delega.
Neppure questa seconda proposta è stata però accolta forse perché i tempi che avrebbe richiesto una legge delega sarebbero stati decisamente incompatibili con l’esigenza di conseguire risparmi consistenti già a partire dal 2009.
Non sfugge però la circostanza che in nessun caso le Regioni hanno messo in discussione la necessità di razionalizzare la spesa scolastica e di rivedere i criteri per la formazione delle classi e il rapporto numerico docenti/alunni.
In altre parole, sembra che le Regioni non abbiano obiezioni sostanziali nel merito dei provvedimenti contenuti nella legge ma siano più che altro preoccupate di non essere tagliate fuori dai processi di razionalizzazione che verranno attuati.
Ed è bene non dimenticare che la maggior parte delle Regioni è amministrata da giunte di centro-sinistra.