A fronte dei 1.291 euro pro-capite, tra il 2015 e il 2017, spese per l’istruzione, ne paghiamo 1.267 per gli interessi sul debito pubblico.
A confrontare i numeri, precisa Linkiesta.it, ci ha pensato un giovane economista che ha così scoperto che in nessun altro Paese europeo queste due grandezze si avvicinano così tanto, al punto di collimare.
Il confronto con l’Europa
Facendo il confronto con l’Europa però risulta che la spesa pro-capite per l’istruzione è una volta e mezzo gli interessi sul debito pro-capite in Spagna, più del doppio nel Regno Unito, due volte e mezzo negli Usa, il triplo in Francia, cinque volte tanto in Germania, più di trenta volte in Svizzera o in Finlandia. Persino in Grecia, la spesa pro capite per l’istruzione è una volta e mezzo il debito pro-capite.
Chi investe nel futuro e chi dilapida futuro
In altre parole si tratterebbe pure di due orientamenti culturali ben precisi e opposti: quello di chi, per avere benefici domani, investe in istruzione oggi. Equello di chi per avere benefici che non può permettersi oggi, lascia il conto a chi verrà nei prossimi anni.“Bastano queste due cifre per comprendere che in Italia il secondo approccio è oggi più che mai egemone, che fonda la sua egemonia sul peso elettorale delle generazioni più anziane e che prospera, in questo contesto, perché non c’è forza politica che possa dirsi immune dalla malattia”.
Lega e Cinque Stelle stanno, spiega Linkiesta, semplicemente continuando a fregarsene della scuola, cui hanno aggiunto e tolto briciole, al solito. E hanno invece rivendicato la volontà politica di fare più deficit – quindi più spesa a debito – per far andare prima la gente in pensione.
Fare notare l’anomalia
Se questa è la nostra anomalia, se davvero siamo un Paese che preferisce pagare interessi che ricercatori, forse qualcuno dovrebbe prendersi la briga di farla notare.