Il sindacato USB di Ragusa (Unione sindacale di Base), segnala il proprio disappunto nella mancata pubblicazione di nomi e importi dei vincitori del bonus merito. Riportiamo il comunicato stampa del segretario Salvo Giliberto.
Con la scusante del rispetto della privacy alcuni Dirigenti scolastici infatti si stanno rifiutando nelle varie scuole della Provincia di Ragusa di mettere a conoscenza dei Docenti i destinatari e gli importi degli incarichi che sono stati oggetto di valutazione positiva e, quindi, di retribuzione; nonostante esistono delle norme che prevedono l’obbligo di comunicazione e diffusione dei dati relativi al “premio” da parte dei Dirigenti Scolastici (non ultimo il Decreto Legislativo n. 33/2013, modificato a sostegno, dalla pubblicazione dalla riforma Madia e il Parere della Presidenza del Consiglio del 19 ottobre ’17)
– Nel decreto n. 33/2013 ,all’art.20, è chiaramente esplicitato che:
– Le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati relativi all’ammontare complessivo dei premi collegati alla performance stanziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti.
– Le pubbliche amministrazioni pubblicano i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione, al fine di dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e degli incentivi.
– Nella voce “compensi ” va ricompreso anche il bonus per la valorizzazione del merito dei Docenti, che è qualificato dal comma 128 dell’art. 1 della legge 107 come “retribuzione accessoria”.
– Nel parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri succitato si riconosce il diritto di ogni docente di accedere all’intera documentazione relativa all’assegnazione del “bonus” ovvero il “premio di merito”.
Quindi, vanno pubblicati i compensi – con destinatari e importi – degli incarichi che sono stati oggetto di valutazione e, quindi, di retribuzione accessoria.
Al di là delle querelle giuridiche, non si comprende perche’ un Dirigente Scolastico tema il rispetto di un elementare principio di trasparenza (e di normale buon senso) concernente la gestione e l’utilizzo di denaro pubblico? Forse può temere ancora una qualche forma di ribellione di fronte ad un istituto che strutturalmente tende a scatenare la competizione individuale tra i docenti e a distruggere quel poco di collegialità e di spirito comunitario che sono rimasti nella scuola pubblica?
Così facendo non può presupporre di entrare in contraddizione con lo spirito della medesima l. 107 (la fatidica Buona scuola), che stando a chi la ha escogitato, avrebbe dovuto puntare a migliorare la qualità della scuola mediante la competizione individuale, per cui un docente non premiato – o premiato meno di altri – dovrebbe tendere a raggiungere e superare i “bravi” e i “super bravi” .
Ma come si fa a raggiungere e scavalcare i bravi e i super bravi se non si sa neanche chi sono e quanto sono stati premiati?
I capi di istituto (come sostengono anche altri sindacati minori) – invece di indicare con la massima trasparenza e pubblicità a tutta la categoria questi insegnanti “modello” da cui tutti/e dovrebbero prendere esempio, nonché le motivazioni e le doti che li rendono così “esemplari” – hanno nella quasi totalità dei casi occultato motivazioni, cifre assegnate, criteri usati e lista dei premiati. Confermando, con questo atteggiamento, che il “bonus” è una delle peggiori norme della 107, perché serve soltanto a creare una “corte” di fedelissimi/e del preside, un “cerchio magico collaborazionista” disposto a sostenere ogni arbitrio e ogni nefandezza aziendalistica, punendo e discriminando coloro che non accettano le brutture della legge e il progressivo immiserimento materiale e culturale della scuola-azienda.
Tale distruttivo meccanismo fomenta una pseudo-competizione stracciona, catastrofica per la qualità delle scuole, della didattica e dei rapporti tra docenti e tra questi e gli studenti, visto che a scuola è possibile sviluppare processi educativi positivi solo se si affermano, e si praticano, condivisione del lavoro e cooperazione e non lotta al coltello tra insegnanti, in nome peraltro (salvo per alcuni/e super-premiati) di pochi spiccioli.
In ultimo, ma non meno importante, non si può intendere che in tal modo si stia ledendo il principio sacrosanto della costatazione di come viene distribuito il denaro pubblico e che con tale metodologia omissiva e lacunosa la scuola pubblica possa venire annoverata come foriera di gestioni -da definire -a dir poco incoerenti a dispetto dei messaggi di “ legalita’ “proferiti a mena dito, anomali rispetto ad altre pubbliche amministrazioni , artificiose nella interpretazione delle norme a piacimento.
Sorge spontaneo un dubbio, ma se questo modus operandi delle scuole pubbliche in provincia si applicasse in tutte le pubbliche amministrazioni, cosa accadrebbe ?
Bisogna esigere dai presidi, come sostiene anche il Prof. Bernocchi dei Cobas, la documentazione relativa al sedicente “merito”, per dimostrare, dati alla mano, quanto sia ignobile questo meccanismo, che, conseguentemente, deve essere abolito ed interdetto al più presto da tutte le scuole d’Italia.